Lo sviluppo è una sfida difficile per un Paese anziano, perché per vincerla servono una migliore qualità del capitale umano e dosi maggiori di lavoro: tanto più importante, quindi, riuscire a rimuovere il gap di partecipazione delle donne al mercato dell’occupazione e la mancata valorizzazione delle loro competenze, trasformando una «grave debolezza» in un’opportunità, perché le donne offrono un contributo «potenzialmente rilevante per la crescita economica e civile». È il messaggio lanciato ieri dal Governatore della Banca d’Italia al convegno su “Le donne e l’economia italiana” tenutosi a Palazzo Koch. Nel suo saluto introduttivo, Ignazio Visco ha ricordato che l’Italia «ha molti divari da recuperare»: deve affrontare e rimuovere ostacoli importanti per conseguire una crescita, più veloce e duratura, «intelligente, sostenibile, inclusiva».
Il nostro Paese, infatti «è innanzitutto un Paese anziano. Questo rende la sfida della crescita economica non solo più difficile ma anche decisiva» ha avvertito Visco, sottolineando poi che «il mantenimento stesso del livello di vita raggiunto richiede che si innalzi l’intensità di capitale umano e riprenda a crescere la produttività totale dei fattori; non si può non richiedere che si lavori di più, in più e più a lungo». Ma, ha garantito il Governatore, «non si tratta di uno slogan ma di un percorso, inevitabile, da affrontare con determinazione, anche se con la gradualità necessaria». In un’Italia che sta conseguendo oggi sforzi impegnativi sul terreno della stabilità finanziaria, Visco ha chiesto di compiere anche uno sforzo «altrettanto essenziale sul fronte delle riforme strutturali».
In particolare, «occorre ricercare le ragioni, e rimuoverle, per le quali è così bassa l’occupazione in parti del nostro territorio, tra i giovani, tra le donne». Al Sud, ha citato ad esempio, è occupato meno di un giovane su 4 e solo 3 donne su 10. Nel Centro nord, dove invece il tasso di occupazione femminile è più elevato (55 per cento) il divario con il tasso maschile è comunque pari a circa 18 punti percentuali.
Non basta. All’interno di quei circa 2 milioni di giovani che oggi non studiano non lavorano e non partecipano a un’attività formativa un milione e duecentomila sono donne. Bisogna dunque rimuovere gli ostacoli, «anche se in qualche caso ciò significa contrastare rendite di posizione o interessi particolari». E il Governatore ha messo in luce la necessità di ottenere un miglior funzionamento del mercato del lavoro, anche attraverso «la capacità di accompagnare e non di resistere al cambiamento, nelle tecnologie, nelle produzioni, nell’apertura dei mercati, nell’organizzazione delle imprese».
Durante il convegno il direttore del dipartimento Statistiche sociali dell’Istat, Linda Laura Sabbadini, ha sottolineato che la crisi in corso dal 2008 ha accentuato i problemi strutturali dell’occupazione femminile, rendendo più gravi anche le contraddizioni connesse al doppio ruolo (nel lavoro e in famiglia) delle donne. Per favorire la partecipazione delle donne, secondo il vice-direttore generale di Bankitalia, Anna Maria Tarantola, un ruolo significativo possono averlo anche le imprese nella «promozione delle pari opportunità e nella valorizzazione dei talenti femminili».
Visco: un paese di anziani deve lavorare di più.
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