di Enrico Giovannini
Il Rapporto “Un’economia per l’1%”, realizzato da Oxfam in occasione del World Economic Forum di Davos, che si è aperto oggi, mostra in modo inequivocabile che la concentrazione della ricchezza nelle mani dell’1% più ricco della popolazione è continuata non solo negli anni della crisi dei paesi industrializzati, ma anche con la ripresa economica dell’ultimo biennio. Oggigiorno, 62 persone possiedono la stessa ricchezza (1,76 mila miliardi di dollari) dei 3,6 miliardi di persone più povere del mondo (nel 2010 erano 388) e dal 2000 ad oggi il 50% più povero della popolazione mondiale ha beneficiato soltanto dell’1% dell’incremento della ricchezza globale, a fronte di un incremento del 50% per l’1% più ricco.
L’Italia non è immune da questa malattia. L’1% più ricco degli italiani possiede il 23,4% della ricchezza nazionale netta e tale ammontare è pari a 39 volte quella detenuta dal 20% più povero. Abbiamo oltre 4 milioni di poveri assoluti, di cui un milione minori.
Ovviamente, negli ultimi 20 anni il reddito mondiale è cresciuto moltissimo e miliardi di persone hanno visto le proprie condizioni di vita migliorare come mai era accaduto nel passato. I costi ambientali a ciò associati sono stati enormi, ma mentre l’insostenibilità ambientale dell’attuale modello di sviluppo è ampiamente riconosciuta, basti pensare alla COP21 di Parigi, l’insostenibilità sociale di una crescita così squilibrata appare molto meno compresa. Non a caso, nessuno ha finora pensato di organizzare una “COP” per affronate questo problema, anche se gli studi più recenti mostrano come l’aumento delle disuguaglianze faccia male anche alla crescita economica. Certo, il libro di Piketty è stato un best seller, alcuni opinion leader hanno preso posizione, i paesi dell’ONU si sono impegnati a raggiungere, entro il 2030, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, tra cui l’eliminazione della povertà estrema e la riduzione drastica delle disuguaglianze. Ma siamo ben lontani da un impegno forte e globale per ridurre subito le disuguglianze che il rapporto Oxfam evidenzia.Si pensi che nell’UE ci sono più di 120 milioni di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale e che di questi 23 milioni sono minori, cioè bambini e giovani che hanno una probabilità altissima di restare poveri per il resto della vita. Ma mentre, all’indomani della strage di Parigi, ci sono volute poche ore per concedere la “flessibilità” dei bilanci pubblici per spese legate alla sicurezza (e la stessa cosa sarebbe successa per fronteggiare un cataclisma naturale), nessuno ha proposto trattamenti particolari delle spese necessarie per affrontare il “terremoto sociale” che la crisi economica ha provocato nei paesi europei.
Non possiamo che sperare che il Forum di Davos, come è accaduto in altre occasioni, sia in grado di mobilitare la classe politica e imprenditoriale globale per “cambiare verso”. Non solo perché sarebbe utile al sistema economico, ma soprattutto perché sarebbe la cosa “giusta” da fare, a prescindere.