• sabato , 28 Dicembre 2024

Un’autopromozione che non fermerà la volatilità sui mercati

La Banca d’Italia da mesi va ripetendo di aver condotto i suoi stress test sugli istituti di credito italiani, di aver verificato come reagirebbero a crisi di liquidità, a rigurgiti della recessione, a tensioni sui rischi sovrani. E ha sempre detto che sono andati bene: le banche li hanno superati, anche perché sono uscite dalla grande crisi del 2008-09 molto meglio dei loro concorrenti europei.
Detto questo, quale esito avrebbero potuto avere gli stress test condotti in ambito europeo? Solo uno, che è poi quello che si è effettivamente realizzato: le banche italiane sono pronte a reggere l’urto di scenari peggiori, in termini di crescita e di tenuta dei conti pubblici, di quelli che si prevedono oggi. Mutatis mutandis, lo stesso è accaduto negli altri paesi, con qualche vittima abbastanza annunciata. E commenti soddisfatti dei governi e delle autorità di vigilanza sulla tenuta del sistema bancario.
In gioco c’era, assai più che la solidità degli istituti, la credibilità delle banche centrali. Davvero qualcuno pensava che alle 18 di venerdì 23 luglio si sarebbe scoperta un’enorme falla nelle dotazioni di capitale delle banche in caso di deterioramento della situazione congiunturale o di sfiducia nelle possibilità di rifinanziamento del debito pubblico? Il “mercato” avrebbe tolto la fiducia ai governatori: dov’erano prima? Che cosa ci avevano raccontato in tutti questi mesi? E i rischi si sarebbero ingigantiti.
L’esito di questa operazione-trasparenza è dunque modesto. Un pugno di banche, per lo più spagnole, dovrà ricapitalizzare. Le altre stanno bene anche se un test che ipotizza la crisi contemporanea di tutti i debiti pubblici europei ha un valore relativo. Il problema, casomai, è se il governo greco o quello spagnolo non rispettano i piani di rientro del deficit e del debito concordati. Oppure se cade il governo italiano a causa delle fibrillazioni politico-giudiziarie. In generale, poi si configura una stravagante conseguenza: il peggioramento delle finanze statali si porta dietro l’obbligo per gli stati di contribuire alla ricapitalizzazione delle banche più deboli, aggravando così la situazione. Ma le autorità (governi, banche centrali, Financial stability board, Fondo monetario) si affannano a spiegare che adesso tutto è chiaro e che è l’ora della fiducia e della stabilità.
In realtà i giornali della City e di Wall Street continueranno a seminare dubbi sul futuro dell’euro, sulla convergenza delle economie europee e sul default prossimo venturo del debito dei paesi Pigs. La volatilità dei mercati aumenterà anziché ridursi, i grossi trader guadagneranno di più e il governo americano (cui gli stress test europei stavano tanto a cuore) potrà continuare a collocare vagoni di Treasury bond nonostante il debito pubblico Usa cresca assai più di quello complessivo dell’Europa.
Questi stress test sono stati concepiti per far fronte a una condizione di timore degli investitori. Senza peraltro poter offrire risposte alle domande più “spinte” del mercato. Un esercizio di stile il cui principale valore è dato dal fatto che governatori, ministri e banchieri ci hanno messo la faccia: hanno ribadito, ancora una volta, che il sistema nel complesso è solido ed è in grado di affrontare condizioni di emergenza. Forse, dopo i test, sono due le cose da “stressare”.
La prima è che solo le banche centrali sono in grado di interpretare la vera situazione dei conti degli istituti: non sempre ci sono riuscite in passato ma quello è il loro mestiere e da quello dipende la loro credibilità. La seconda è che i governi sono pronti a scendere in campo come due anni fa qualora servissero capitali. Sebbene i conti pubblici siano molto peggiorati, la stabilità del sistema va tutelata. La riapertura dei termini per i Tremonti bond, annunciata ieri dal ministro, va in questa direzione.

Fonte: Sole 24 Ore del 24 luglio 2010

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