Maggiore tutela del risparmio: su cosa puntare? – Un regime di regolamentazione, composto necessariamente di una pluralità di regole, di strumenti e di obiettivi, abbisogna di una strategia che lo renda rispondente al sistema che s’intende “controllare”. Ad esempio, se prevale la quotazione in borsa e la proprietà diffusa, è efficiente spostare il baricentro delle regole e dei controlli verso il mercato e le offerte pubbliche di acquisto e/o di scambio. Se, al contrario, sono diffusissime le medie e piccole imprese sostanzialmente avverse alla borsa, il fulcro della regolamentazione deve rimanere in maggior grado in ambito pubblicistico. Nonostante i progressi degli ultimi quindici anni, il nostro sistema continua ad esprimere un capitalismo familiare, in qualche caso come quello Parmalat anche un familismo amorale.
La riforma del diritto societario nel nostro Paese sarebbe dovuta essere il risultato di un attento studio delle necessità del nostro sistema produttivo. Invece, quella che è entrata in vigore il 1° Gennaio 2004 ha proceduto sulla base di principi, teoricamente condivisibili, ma avulsi dalla realtà italiana; infatti, si è garantita la massima libertà statutaria alla s.p.a. in grado di emettere un’ampia tipologia di azioni, di ricorrere senza limiti, se quotata, all’indebitamento obbligazionario anche atipico, di scegliere il regime di direzione tra il monistico, il dualistico e il tradizionale. Alla maggiore libertà non necessariamente si è accompagnata una sanzione proporzionalmente accresciuta nel caso di violazione di obblighi, come il falso in bilancio dimostra. Poiché a un capitalismo familiare mal si addice un tale sistema, dovrà porsi mano, prima o poi, ad una sua revisione.
La stabilità del capitalismo da noi come negli Stati Uniti e in altri paesi europei è stata messa in pericolo da tre cause: la frode, l’accumulazione involontaria di rischi e la concessione delle opzioni su azioni, con le connesse modalità di contabilizzazione e di esercizio. Nella ricerca della miscela di strumenti e incentivi adatta ad ogni sistema, vanno anche individuati il tipo di pericolo da cui bisogna guardarsi e chi è preposto a vigilare sul medesimo. Dopo il caso Parmalat, la frode sembra suscitare da noi il maggiore allarme sociale.
Essendo la frode un reato contro la fede pubblica, non si può prescindere dall’azione delle autorità di supervisione, della Guardia di Finanza, che ha compiti di polizia economica, e delle procure della Repubblica, ma per evitare che il potere pubblico arrivi quando il danno è stato arrecato, è necessario che vi siano dei filtri al livello dell’organizzazione aziendale con obblighi sanzionabili. Perché questi filtri funzionino è necessario aumentare la loro “distanza di braccio” da proprietari e amministratori attraverso la divaricazione degli interessi.
I revisori esterni, che hanno oggi l’obbligo di certificare la contabilità, per essere utili sentinelle dovrebbero essere privati di ogni capacità di consulenza; bisogna eliminare il potenziale conflitto d’interessi che potrebbe insorgere domani e/o in un altro ordinamento. Per ottenere ciò, è necessaria una forte e coordinata pressione internazionale.
I sindaci sono anch’essi espressione della maggioranza, mentre sarebbe opportuno che fossero scelti dalla minoranza o, almeno, dai fondi comuni d’investimento che hanno nel proprio portafoglio titoli della società e/o del gruppo.
I consiglieri d’amministrazione indipendenti, quando esistono in società dalla forte impronta familiare, non sono affatto indipendenti, poiché sono scelti dal capo effettivo dell’azienda, che spesso è il presidente del gruppo, e restano in carica sino a quando sono a lui graditi.
Per i capi uffici della contabilità e della finanza vanno previste specifiche responsabilità fortemente sanzionabili, poiché per essi non è immaginabile una diversificazione degli interessi da quelli degli amministratori e dei proprietari. Particolari incentivi per chiunque voglia fare il whistleblower sono chiaramente poco efficaci, poiché sarebbe oggetto di ritorsioni prima e di discriminazioni poi.
Quanto alle sanzioni sono da preferire quelle sospensive o interdittive dalla professione o dalla carica, mentre quelle penali dovrebbero essere riservate ai comportamenti più gravi. Delle tre opzioni quali la revisione del nuovo diritto societario, la divaricazione degl’interessi tra amministratori e proprietari da un lato e organi di controllo dall’altro e l’inasprimento delle sanzioni, solo quest’ultimo è rapidamente attuabile, come del resto è avvenuto negli Stati Uniti. Purché non si tenti di configurare un improbabile reato di “nocumento al risparmio” (da 3 a 12 anni di galera) per chi causa un danno superiore all’1 per mille del Pil, frutto di stime soggette a molteplici revisioni, o colpisca un numero di risparmiatori superiore all’1 per mille della popolazione, accertata dal censimento ogni dieci anni! Le grida manzoniane sono ancora di moda?
Fonte: La Voce.Info del 17 marzo 2004