di Giuseppe Pennisi
Ora anche coloro che credevano che il 2020 sarebbe stato un anno di ripresa, complice il ‘cigno nero’ del Coronavirus, vedono all’orizzonte una nuova recessione mondiale. Che potrebbe a questo punto iniziare verso la metà dell’anno (in alcuni Paesi anche a prima) a ragione del forte rallentamento della Cina ed, in Europa, di Paesi come la Germania che hanno tradizionalmente una funzione trainante.
Si tratterebbe della quinta recessione mondiale dopo quelle del 1975, 1982, 1999 e del 2009, tutte caratterizzate da una contrazione del Pil mondiale (non di singoli Paesi o di gruppi di Paesi). È utile ricordarne i tratti essenziali anche al fine di individuare cosa abbiamo appreso e quali sono le misure che potremo adottare per limitare le conseguenze negative di quella che sta per approssimarsi.
La recessione del 1975 venne innescata dalla crisi petrolifera del 1973. Anche se l’embargo imposto dai Paesi arabi finì nel Marzo 1974, lo choc dal lato dell’offerta e il forte aumento dei prezzi del greggio provocarono nei principali Paesi, simultaneamente, una rapida inflazione ed una contrazione della produzione. Nel 1976 i maggiori Paesi della comunità internazionale adottarono politiche espansive sia monetarie sia di bilancio che rilanciarono la produzione soprattutto in Germania ed in Giappone, mentre negli altri Paesi di quello che allora era il Gruppo dei Sette (Canada, Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) iniziò un quinquennio circa caratterizzato da bassa crescita e sostenuta inflazione, fenomeno a cui venne dato il nome di stagflazione.
Molteplici e concomitanti le determinante della recessione del 1982: un secondo ‘oil choc’ nel 1979, la rivoluzione in Iran, la crisi debitoria di alcuni Paesi dell’America Latina ed una risposta confusa; temendo una nuova ondata d’inflazione, la Germania, il Giappone, l’Italia, il Regno Unito e gli Stati Uniti adottarono misure monetarie restrittive che causarono un calo della produzione e dell’occupazione nel 1982-84 nonché un aumento dei tassi d’interesse, con forti ripercussioni negative per i Paesi più indebitati.
I Paesi avanzati riuscirono a riattivare la produzione abbastanza presto, ma ci furono fenomeni molto lunghi di ‘isteresi’ per l’occupazione, Anche la recessione del 1991 ebbe diverse determinanti: la prima guerra del Golfo; le crisi bancarie nei Paesi scandinavi ed anche,
pur se in misura minore, negli Stati Uniti; l’esplosione di una bolla speculativa in Giappone; in Europa centrale ed orientale la transizione da economie di piano e di mercato; ed in Europa occidentale la crisi dell’accordo europeo sui cambi all’approssimarsi dell’unione monetaria europea. Se ne uscì con un forte coordinamento delle politiche monetarie e di bilancio tra i Paesi avanzati.
La recessione globale del 2009 è recente e se ne ha vivo il ricordo: venne innescata dall’esplosione di una ‘bolla finanziaria’ negli Stati Uniti, determinata in gran misura dall’alleggerimento della regolazione e supervisione finanziaria nei due decenni precedenti. A ragione dell’interconnessione tra i mercati, la crisi si estese al resto del mondo, accentuando, ad esempio, una crisi bancaria e finanziaria che in Europa si mostrò in tutta la sua gravità nel 2011-13. Questi avvenimenti causarono un crollo del valore di numerosi asset (dall’azionario all’immobiliare), recessioni sincronizzati in molte parti del mondo, una forte contrazione del commercio internazionale. Per uscirne sono state messe in atto politiche monetarie non convenzionali negli Usa, in Europa e in Giappone e politiche di bilancio espansioniste nei Paesi che potevano farlo ossia non vincolati da un forte debito pubblico, determinato od accentuato a volte dalle precedenti recessioni. A riguardo è interessante notare che crisi finanziarie in senso lato (bancarie, valutarie, del debito sovrano) si sono verificate rispettivamente in 15, 62, 67, e 38 Paesi rispettivamente durante le recessioni del 1975, del 1982, del 1991, e del 2009.
Per affrontare la recessione prossima ventura è necessario un forte coordinamento delle politiche economiche tra i principali Paesi della comunità internazionale. Dato che in Europa e (in gran misura negli Usa) si sono utilizzate tutte le cartucce disponibili nel carniere della politica monetaria, occorre predisporre una politica di bilancio orientata alla crescita con una forte espansione dell’investimento pubblico.
Fonte: da Avvenire del 26/02/2020