Idocumenti ufficiali sul ‘Piano Juncker’ – essenzialmente i quelli allesame del parlamento europeo – affermano che il programma, ancora in costruzione, è un grimaldello: attivare con una leva di 21 miliardi di ‘garanzie’ (non di finanziamenti diretti) di Commissione europea (Ce) e Banca europea per gli investimenti (Bei) un totale di 315 miliardi di euro. Come tutti i grimaldelli, ha virtù o opportunità apre le 28 scatole dei piani dinvestimento degli Stati Ue – ma anche vizi o rischi: mostra quali scatole sono piene e quali vuote e quali potrebbero essere piene se i vincoli del Fiscal Compact non mettessero a repentaglio fondi di contropartita, a valere sui conti dei singoli Stati per arrivare la finanza privata.
Per lItalia, da un lato, il ‘grimaldello’ minaccia di mostrare che quasi nessuna amministrazione ha ottemperato ai decreti legislativi 102 e 228 del 2011 di adeguamento alla normativa europea, con i quali si richiedeva una programmazione pluriennale per progetti esecutivi corredati da analisi economica e finanziaria. Di conseguenza, in una gara in cui i progetti non sono allocati per Paese ma scelti da un comitato di investimenti in base alla loro qualità e cantierabilità, rischiamo di restare a bocca asciutta. O quasi.
Al tempo stesso, però, il ‘grimaldello’ allesame del parlamento si pone sul solco di una maggiore ‘flessibilità’ nella lettura dei trattati europei e di accordi intergovernativi quali il Fiscal Compact.
Già a dicembre – a causa del periodo natalizio pochi se ne sono accorti – una comunicazione della commissione chiariva che per investimenti di rilevanza europea i contributi diretti dei paesi al Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (il fulcro del Piano Juncker) non saranno ‘computati’ ai fini della procedura per deficit eccessivo e che la commissione terrà conto dei cofinanziamenti nazionali ai programmi europei nel valutare i progressi verso il pareggio strutturale, consentendo ‘deviazioni temporanee’, ma solo se leconomia è in recessione e sia rispettato il tetto massimo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Una nuova ‘comunicazione’ ha iniziato il proprio percorso; potrebbe essere emanata prima dellestate. È possibile un ulteriore ampliamento dellinterpretazione nellambito di un approccio coordinato di Bei (al centro del sistema) e banche nazionale di sviluppo e di promozione degli investimenti. In particolare, le ‘deviazioni’ potrebbero diventare pluriennali (dato che tali sono gli investimenti), il tetto del 3% ammorbidito e con esso anche la clausola che ora richiede un ‘economia in recessione’.
È unopportunità importante per lItalia, sempre che si sia in grado di allestire un adeguata platea di progetti. Altrimenti lopportunità verrà colta principalmente da Germania ed Austria che hanno disperato bisogno di infrastrutture (principalmente nel comparto dei trasporti) e progetti pronti. Come ben sa chi si avventura sulle loro autobahn e sui loro treni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da noi nessuna amministrazione ha ottemperato ai decreti di adeguamento alla normativa europea per preparare un programma di progetti
Copyright © Avvenire
Powered by TECNAVIA