• domenica , 22 Dicembre 2024

Una bolla occupazionale

A Santa Maria di Feira, Visco annuncia un aumento dell’occupazione in quattro anni di 1 milione di unità. Amato esce dalla sala ed al cronista TV chiede con piglio da insegnante:”quanto fa 250 per 4?”. Credevamo che fosse più difficle fare previsioni econometriche. Credevamo…. Ma al seminario previsionale della Confindustria, Renato Brunetta non è d’accordo. Dice che l’Istat cambia ogni volta le carte in tavola e rimpasta anche le cifre del passato: come far previsioni attendibili se i dati di oggi saranno ancora cambiati? Dice che l’espansione occupazionale di quest’anno (257 mila unità di lavoro) è la conseguenza di accordi di flessibilità che giocano una tantum. La cifra quindi non può moltiplicarsi per quattro. Le assunzioni non sono la conseguenza della ripresa produttiva suscitata in Italia dalla domanda esterna. Peraltro, l’ottima ripresa che abbiamo importato non puo ipotizzarsi per altri tre anni. Il presidente duisemberg saro costretto ad aumentare i tassi della BCE per frenare l’espansione inflazionistica (la Confindustria prevede il 5%) e se l’euro si riprende diminuirà la domanda per l’esportazione. Paolo Onofri, consigliere di Amato, non è di questo parere. Ritiene che l’effetto positivo degli accordi di flessibilità non si sono interamente trasfusi in maggiore occupazione e quindi la tendenza continuerà. Salta su Cipolletta:”Macchè! L’80% dei nuovi assunti hanno firmato contratti biennali di formazione e lavoro.Tra uno o due anni si trasformeranno in occupati a tempo indeterminato oppure saranno licenziali con effetto riduttivo dell’occupazione se non saranno sostituiti da nuovi ed in maggior numero.”. E’ dunque una bolla occupazionale? Se dobbiamo dire la nostra opinione, vorremmo affermare che l’Italia, per accrescere l’occupazione, ha bisogno di liberalizzazione del lavoro e non si flessibilità iperregolamentata. Ha bisogno soprattutto che i salari evolvano parallelamente alla produttività e che si superino i contratti collettivi nazionali per passare a contratti di area e di fabbrica onde là dove c’è la sovraoccupazione (nord-est) i salari aumentino e dove ci sono le sacche di disoccupazione profonde i salari dimuiniscano. Solo se avranno ristrettezze economiche i giovani meridionali si staccheranno dagli amici del bar per andarsene a lavorare al nord. Condividiamo quindi l’opinione di Brunetta che – se non si raggiungeranno accordi coi sindacati per liberalizzare i contratti – l’occupazione non potrà aumentare nella dimensione prevista dal tandem Amato-Visco. I passi fatti nella flessibilizzazione del lavoro sono solo un inizio.

Fonte: tratto da "Milano Finanza" del 22 giugno 2000

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