Il ricordo di Padoa-Schioppa ieri a Milano, all’ università Bocconi, presente Napolitano, è stato l’ occasione per provare un sentimento che spesso colpevolmente tratteniamo: l’ orgoglio di essere italiani. È assai raro ascoltare, dalla voce di alcuni prestigiosi protagonisti del processo di unità europea, come Delors e Trichet, o della finanza mondiale, come Volcker, omaggi così lusinghieri al ruolo che gli italiani hanno svolto nel rendere possibile la moneta unica o nello scrivere le regole dei mercati. Un contributo insostituibile d’ intelligenza, umanità e cultura che ha avvicinato governi e popoli, costruito ponti dalle architetture ambiziose, invisibili solo ai nostri occhi, colpiti da improvvisa miopia storica. Ed è assai raro che queste parole, prive di retorica e sincere, anche spogliate dalla cortesia e dalla generosità che si nutrono verso chi non c’ è più, siano ascoltate da così tanti esponenti della nostra classe dirigente, di diverso orientamento, Draghi, Monti, Prodi, Tremonti, Maroni, D’ Alema, Letta, Elkann, Bazoli, Tronchetti e molti altri in un’ aula magna avveniristica di un’ università di rango internazionale, in un’ atmosfera di rigore e serietà. È questa l’ immagine che vorremmo mostrare al mondo. Ed è l’ immagine che meritiamo. Non è la proiezione ambiziosa ed esclusiva di un’ élite distaccata dal Paese reale. No, semmai è la sintesi di tante qualità che l’ Italia esprime a tutti i livelli, anche i più umili ma non meno importanti: nel lavoro, nell’ impresa, nello studio. Gli ospiti stranieri che hanno reso omaggio a Padoa-Schioppa, civil servant di rara qualità umana e professionale, hanno detto in fin dei conti una sola cosa. Le istituzioni internazionali hanno bisogno del contributo di cultura e di intelligenza di un grande Paese. Chi ha fondato l’ Europa non può non ritrovare l’ ambizione a svolgere un ruolo da protagonista; il coraggio di inventarsi una missione all’ altezza della propria storia; la capacità di scrivere, almeno in piccola parte, la mappa di potere e civiltà di un mondo globale dagli equilibri ormai sconvolti. Il coraggio di opporsi alla maledizione di quella «veduta corta», come la chiamava Padoa-Schioppa, che spesso ci condanna a rassegnarci a un malinconico declino, a vivere più di ricordi che di progetti. La voglia di liberarsi dalla trappola suicida dell’ autocommiserazione e dell’ ironia distruttiva. Ad avere più fiducia nelle straordinarie qualità italiane. A riscoprire la gioia e il privilegio di servire il proprio Paese, come traspariva dalle parole del messaggio di Ciampi. L’ orgoglio può apparire un peccato di presunzione, un’ ingenuità da sognatori. Ma questo è il momento in cui ne abbiamo più bisogno. E speriamo che la prossima occasione pubblica nella quale si possa essere orgogliosi del proprio Paese non coincida con il ricordo di un italiano che non c’ è più.
Fonte: Corriere della Sera del 2 febbraio 2011Una bella giornata di orgoglio italiano
L'autore: Ferruccio De Bortoli
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