• sabato , 23 Novembre 2024

Una app da paura

di Franco Debenedetti

Il tracciamento dei contatti e l’analisi dei dati promette di essere uno strumento efficace nel contenimento della pandemia di coronavirus: il modello sviluppato a Singapore ha attirato l’attenzione per le sue proprietà che bilanciano efficacia e rispetto della privacy. Esso tuttavia, in Europa, richiede non solo adesione convinta dei cittadini ma anche coordinamento internazionale ed efficienza delle pubbliche amministrazioni nazionali.

La Commissione europea si è attivata per tempo e il 15 aprile ha pubblicato un documento di policy redatto da “e-Health network”, la rete che collega le autorità nazionali responsabili dell’assistenza sanitaria online, istituita ai sensi della direttiva 2011/24/UE. Nelle indicazioni che questa ha fornito sulle applicazioni mobili in supporto al contact tracing, al primo posto c’è l’interoperabilità delle soluzioni adottate. Anche in Italia dunque, sarebbe opportuno, senza pretesa di innovare, esaminare le tecnologie già in campo o in avanzato sviluppo e adottare quella con la maggiore probabilità di successo.

Il documento di Bruxelles ricorda che il 10 aprile Google e Apple hanno annunciato un’iniziativa congiunta di contact tracing che porterà nel mese di maggio al lancio di un applicativo che mira all’interoperabilità tra telefoni mobili Android e iOS, e nei prossimi mesi l’inserimento della funzionalità negli stessi sistemi operativi. Ad ogni evidenza, si tratta di una soluzione che assicura universalità, evoluzione e manutenzione certa nel tempo. Entrambi i sistemi operativi già consentono, previo consenso, la localizzazione degli spostamenti tramite GPS, funzionalità indispensabile in questo caso e che il Garante della privacy nell’audizione alla Camera dei Deputati dell’8 aprile non ha escluso, purché impiegata nel rispetto dell’anonimato. Il suo impiego distribuito nei dispositivi d’utente, comunicando i dati volontariamente, consentirebbe la tracciatura immediatamente utilizzabile per la rivelazione dell’insorgenza di nuovi focolai di infezione.
Il Garante della privacy ha anche ricordato che, per l’efficacia, si stima occorra un’adesione minima del 60%, una percentuale altissima: anche per questo è necessario affidarsi ad una soluzione in sviluppo e di prevedibile alto grado di adozione. Avendo optato per la volontarietà dell’adesione, ciò potrebbe non bastare; si potrebbe pensare ad incentivi a carico dello Stato e a beneficio dei cittadini che la adottano, dai Giga di traffico dati, alle ricariche telefoniche, a partnership con i gestori telefonici e con imprese over-the-top.
Entro la fine aprile, se risulteranno positivi i chiarimenti che la Commissione ha richiesto a Google e Apple, si dovrebbe abbracciare questa soluzione, mettendo da parte quelle nazionali o regionali.

Sarebbe però un errore pensare che sia l’applicativo il “cuore” della soluzione. Per raggiungere lo scopo, individuare con tempestività da un lato le persone infette da inviare in quarantena, e dall’altro i potenziali contagiati per verificarne lo stato di salute, bisogna che esista e sia funzionante un sistema messo in campo in tempi brevi dal Servizio Sanitario Nazionale. Esso tra l’altro dipende dalla gestione dei tamponi, che sinora si è dimostrata problematica.

Serve una macchina organizzativa molto complessa, provvista di grande impegno umano unito a solida professionalità. La procedura di tracciamento dei contatti, come raccomanda l’agenzia di prevenzione europea ECDC, richiede che la lista dei contatti di una persona trovata positiva sia elaborata attentamente, senza che, ad esempio, vi siano invii automatici di messaggi. E’ richiesto un lavoro simile a quello investigativo, che riconcili il numero del telefono cellulare individuato automaticamente con la reale identità del contatto, verifichi l’attendibilità del dato e dia seguito con chiare istruzioni impartite a voce. Il tutto dovrà essere svolto da personale che ne ha l’autorità. Non sappiamo in che misura siano già state preparate le strutture del SSN atte a svolgere questo lavoro, che si aggiunge all’erogazione dei tamponi ed alla gestione degli isolamenti.

È un problema di processi, che non possono essere lasciati all’improvvisazione. Pensiamo solo al flusso che riguarda l’evento di un nuovo tampone positivo per un utente della app. La comunicazione di ogni nuovo caso positivo va inviata in tempo reale al gestore di servizio della app, il quale dovrà estrarre dal sistema la lista dei contatti del nuovo caso di infezione, il tutto nel rispetto di tutte le regole di protezione dei dati e dell’identità personale. Giacché i contatti della lista saranno persone che possono risiedere in tutto il territorio nazionale (o addirittura in altri paesi europei) il gestore deve indirizzare la comunicazione alla sola regione di competenza o meglio alla specifica ASL di competenza territoriale, per rendere più rapide le azioni successive.

Anche per l’alta complessità e la grande dimensione dei processi è necessario che la componente tecnologica sia acquisita da chi dà una assoluta garanzia del risultato, consentendo di concentrare tutti gli sforzi su ciò che si dovrà organizzare a livello nazionale e regionale.

(Il Foglio 21 aprile 2020)

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