Doveva rappresentare la prova in vita di una maggioranza squassata dalle tensioni interne, l’ ariete parlamentare con il quale entrare di forza in quel «governo del fare» del quale il presidente del Consiglio ha fatto ormai una questione d’ onore. E invece la legge di riforma dell’ Università si è di nuovo bloccata in commissione Bilancio della Camera per mancanza di copertura finanziaria. Il braccio di ferro tra il ministro dell’ Istruzione Mariastella Gelmini e quello dell’ Economia Giulio Tremonti per reperire le risorse necessarie al varo di un provvedimento atteso da anni ha portato ad un nuovo, pericoloso stallo. L’ emendamento della maggioranza al testo della riforma per trasformare in associati circa 9 mila ricercatori – costo previsto 80 milioni di euro per il primo anno, 1,7 miliardi in sei anni – è stato alla base di un rinvio che, a questo punto, sposta di forza l’ esame della legge a dopo la sessione di bilancio. Questo vuol dire che se ne dovrebbe riparlare, nella migliore delle ipotesi, tra la fine di novembre e l’ inizio di dicembre. Cioè a ridosso della pausa prevista per le festività natalizie. Il rinvio, che potrebbe trasformarsi in un affossamento di fatto, è grave perché si tratta di una riforma importante, il primo vero tentativo di dare, dopo tanti anni, una risposta moderna e organica alle necessità del mondo dell’ università. Alla partenza dell’ anno accademico, vengono a mancare quelle certezze senza le quali, in molti casi, è a repentaglio il normale svolgimento dell’ attività. L’ immediata protesta della Conferenza dei Rettori non aveva ieri il sapore della consueta, stanca sceneggiata di prassi. A nessuno può sfuggire che un Governo che sceglie di tagliare risorse alle fonti di produzione della cultura – dalla scuola all’ università, alla ricerca, ai musei, ai teatri, al cinema – imbocca non una scorciatoia ma una strada senza uscita. La maggioranza ha ribadito ancora ieri che l’ Università è una priorità. E la riforma della Gelmini, una buona riforma a giudizio della gran parte dello stesso mondo a cui è destinata, è pronta da tempo. Sostiene il ministero dell’ Economia che per far fronte alle spese previste con l’ emendamento sui ricercatori occorra un nuovo provvedimento. Ribatte la Gelmini di aver chiesto a Tremonti un impegno scritto di 900 milioni per far fronte agli stipendi dei professori, risorse delle università private, borse di studio e sistemazione dei ricercatori. Questi soldi, ci sono o no? Ci sono tutti o solo in parte? E, se ci sono tutti, quando arriveranno? Lo spettacolo è francamente sconfortante. Ieri il leader della Lega Umberto Bossi ha detto forse una verità ben vestita da battuta: «O diamo i soldi all’ Università o alle bombe per gli aerei in Afghanistan. Si tratta di una bella scelta». Non gli si può dar torto ma ci si permetta di pensare che da qualche parte, magari riducendo le spese della Camera, del Senato e di Palazzo Chigi, quei soldi si possano trovare eccome.
Fonte: Corriere della Sera del 14 ottobre 2010Un rinvio pericoloso
L'autore: Antonio Macaluso
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