Arriva Malavasi, ex Pci «post-ideologico»: è una beffa abolire l’ Ice La rappresentanza «Esperienza unitaria fra i Piccoli da replicare a livello locale, le Regioni hanno molti poteri su artigianato e commercio».
L’avventura di Ivan Malavasi come portavoce unico di Rete Imprese Italia è iniziata con una solenne arrabbiatura. La soppressione dell’ Ice, l’ istituto del commercio estero, contenuta nella manovra taglia-debito varata dal Consiglio dei ministri giovedì scorso, non gli è andata giù. E la favola che vuole gli ambasciatori trasformarsi in poche settimane in abilissimi promotori del made in Italy non lo convince affatto. Malavasi teme che per i Piccoli che hanno bisogno di esportare «tutta questa vicenda si riveli una beffa e non a caso vogliono tenerci totalmente fuori dalla partita». Futuro dell’ Ice a parte, Rete Imprese Italia darà un giudizio più ampio e meditato sull’ intera manovra quando si conoscerà il testo definitivo. «Ma la questione di fondo, come coniugare il contenimento del debito con l’ esigenza di stimolare la crescita resta inalterata. Non risolta. E il Paese rischia di avvitarsi in una spirale recessiva». Rete Imprese Italia ogni semestre cambia il portavoce e dal 1° luglio è il turno del presidente della Cna. La formula a staffetta è stata scelta per non creare disparità tra le organizzazioni, che hanno dato vita alla confederazione dei Piccoli (Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti, Cna e Casartigiani) e ha visto già alternarsi come portavoce Carlo Sangalli e Giorgio Guerrini. Ora è la prima volta che un imprenditore proveniente dal vecchio Pci («quello emiliano e riformista» sottolinea Malavasi) diventa il numero uno della più grande organizzazione del ceto medio italiano. Un passaggio simbolico ma importante che ricompensa il gruppo dirigente della Cna capace di scommettere per tempo sulla più completa autonomia dalla politica (l’ assemblea del Capranica nacque come atto di protesta contro il governo Prodi-Visco). La scelta di Malavasi e dei suoi non è rimasta isolata perché sulla stessa linea si è mossa anche la Confesercenti, nata per rappresentare i commercianti di sinistra e l’ esperienza positiva ha aperto la strada all’ Alleanza delle Cooperative con la nascita di una rappresentanza unica per bianche e rosse. È la fine del collateralismo, una «scelta irreversibile» – secondo Malavasi – che dimostra la raggiunta maturità delle società intermedie e la modernizzazione del loro rapporto con la politica. Non esistono più governi amici o nemici a prescindere. La rifondazione del rapporto politica-corpi intermedi è avvenuta però con un timing sfavorevole. A passarsela male a questo punto è proprio la politica di concertazione della politica economica («è ferma da due anni») perché è chiaro a tutti come nell’ epoca dello zero budget, della fine della spesa pubblica come benzina della crescita, andare a Palazzo Chigi ha sempre meno senso. E per Rete Imprese Italia, nata per «parlare al governo con una voce sola» è stato come subire un contropiede. Fortunatamente le vie del sindacalismo di impresa sono infinite, specie quando ci si fa guidare non dalle ideologie ma dal pragmatismo. E così in assenza del tavolo centrale la strategia di Rete Imprese Italia è stata quella di lavorare sui laterali, dove comunque si discutevano temi decisivi per la vita delle piccole imprese: moratoria dei debiti, Cig in deroga, semplificazione burocratica, futuro del Sistri, incentivi per le energie rinnovabili, ganasce fiscali di Equitalia. «La rappresentanza vive in quanto scambia e noi comunque qualche spazio settoriale di negoziazione con i ministri Tremonti, Romani e Brunetta siamo riusciti ad aprircelo – commenta Malavasi -. Del resto una modalità per risolvere le questioni concrete ci vuole, sennò va tutto a carte quarantotto. Sognavamo di farci sentire a Palazzo Chigi e invece siamo stati costretti a passare a una concertazione casa per casa». A questo punto però bisognerà guardare non solo a Roma e radicare sul territorio le politiche di negoziazione e scambio. Sostiene Malavasi: «Non dimentichiamo che le competenze che hanno le Regioni in materia di artigianato e commercio sono molto ampie. E allora Rete Imprese Italia deve replicare a livello decentrato la formula unitaria e legare questa novità organizzativa all’ avvio di un’ azione più incisiva nei confronti delle controparti istituzionali». Un modo per far capire alle imprese iscritte che l’ Operazione Capranica non è solo diplomazia interconfederale ma tenta di legare strettamente la rappresentanza alla vita delle imprese. «Specie in una fase come questa il sindacalismo di impresa deve produrre cose utili, non si può limitare a guardare il proprio ombelico e a parlare solo del proprio rapporto con la politica». In concreto vuol dire fare i conti con una sorta di politica industriale dal basso, che coinvolga le Regioni, affronti la questione della dimensione e rilanci alcune filiere decisive per il Paese (il turismo al Sud e l’ edilizia legata alla prospettiva dell’ Expo). Le polemiche contro il «nanismo» delle Pmi trovano sempre in Rete Imprese repliche polemiche ma il gruppo dirigente riconosce la necessità di crescere e lo strumento che trova tutti d’ accordo sono le reti di impresa. Ed è questa la proposta su cui ha deciso di spendersi anche Malavasi. Ammettendo con onestà che qualche ritardo sicuramente c’ è stato.
Un artigiano riformista per Rete Imprese
Commenti disabilitati.