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Tutto è meglio di Sarkò?

Bruxelles non si preoccupa di Hollande quanto della destra euroscettica che si gonfia. Hollande tornerà all’ovile, pensano nelle istituzioni Ue.
«Hollande? A parte Marine Le Pen, per l’Europa qualunque cosa è meglio di Sarkozy», assicura il funzionario Ue di lungo corso che per parlare chiede un comprensibile anonimato. Dice che a Bruxelles «i più sono infastiditi dalla sua ricorsa a destra e dalla deriva nazionalista». Accusa il presidente d’aver frenato l’Unione per colpa della sua «crisi di identità», per il «non essere un leader economico, e tanto meno internazionale, che l’ha fatto andare a rimorchio della Germania inseguendo chimere intergovernative». Alla fine, concede un secondo pezzo grosso comunitario, «è stato lo strumento di politiche sulle quali Berlino non era disposta ad esporsi sino in fondo».
Tengono il fiato sospeso, a Bruxelles, per curiosità più che per altro. Gli uomini delle istituzioni europee, quelli che Sarkozy ha chiamato con spregio i tecnocrati che hanno fatto smarrire l’Europa, ostentano serenità davanti al match per l’Eliseo, e piuttosto sono in ambasce per il pieno della Le Pen, brutto segnale euroscettico che germoglia sulle lacune del progetto a Ventisette. A parte questo, e non è poco, sanno cosa li attende se l’inquilino dell’Eliseo non dovesse cambiare, mentre Hollande non toglie loro il sonno, le sparate sul Fiscal Compact, come quelle sulla Bce, sono considerate «roba elettorale» che può essere ricondotta nella normalità. Col vantaggio – questo si! – di avere un socialista a sparigliare l’asse franco tedesco che nel dopo crisi ha fatto il buono il cattivo tempo in seno all’Unione.
Ecco la chiave. L’incognita di breve termine è cosa succederà all’asse Berlino-Parigi. Daniel Gros, apprezzato economista del Ceps, prevede «qualche tensione», tuttavia «alla fine tutto tornerà come prima». Il fatto che Hollande «abbia idee confuse sulla costruzione europea», spiega, non stravolgerà il cammino dell’Ue. «Parlerà molto, dirà che non serve solo l’austerità, così avremo presto un consiglio Ue speciale che varerà un “Pacchetto Crescita” che andrà bene anche a Mario Monti». Insomma, assicura il tedesco, «la Merkel dovrà fare qualche concessione di forma sullo sviluppo e sui poteri ulteriori alla Bce». E basta.
Fonti berlinesi riferiscono che nella capitale tedesca si attende l’esito della disputa elettorale francese con «una certa tranquillità». Risulta che la Merkel sia stata rassicurata dai contatti già avvenuti con lo staff di Hollande. Non si esclude qualche contraccolpo iniziale, eppure secondo Daniela Schwarzer, analista della Swp, «la situazione è talmente complessa che non c’è il tempo materiale perché emergano conflitti franco tedesco». Qualche cruccio in più c’è l’ha la Bundesbank, il cui presidente Weidmann teme una svolta «meno rigorista».
Frau Merkel dovrà certo vedersela con l’onda socialista che potrebbe influenzare il voto tedesco del 2013. In tal senso, un’affermazione di Hollande non rappresenta però solo una festa per i socialdemocratici. Potrebbero contare sull’effetto benefico di una svolta politica a Guache, eppure il francese è considerato «troppo di sinistra», più Linke che Spd. Non a caso Peer Steinbrück, papabile per la cancelleria, ha definito «naif» le dichiarazioni sulla riforma del Fiscal Compact.
Bruxelles non le teme, non ritiene che un’eventuale vittoria di Hollande possa far tremare l’Europa. Roberto Gualtieri, eurodeputato del Pd, racconta che nei contatti con Parigi è emerso che il candidato Ps «per rinegoziazione del Fiscal Compact non intende una modifica del trattato in senso stretto». Si immagina invece decisioni complementari, «che intervengano nel nome della crescita sulla legislazione Ue senza toccare il Trattato». Se darà la scossa alla congiuntura, saranno tutti contenti. Ma l’insidia è altrove, è il 20% dei lepeniani che confermano come un elettore su cinque in Europa sia tentato dall’euroscetticismo. E’ una circostanza che a l’Ue deve smettere di sottovalutare.

Fonte: La Stampa del 22 aprile 2012

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