• lunedì , 23 Dicembre 2024

Tutti a scuola i bimbi rom

La Commissaria Ue alla Giustizia, Viviane Reding: nessuno vuole affrontare il problema. Se non interveniamo ora, le cose saranno sempre più difficili.
«La verità è che nessuno vuole affrontare il caso», comincia Viviane Reding con un tono che suona come un pugno sul tavolo e che si spiega con un semplice aneddoto. «Quando un anno fa ho presentato la comunicazione sull’integrazione dei Rom – racconta la Commissaria Ue per la Giustizia – si sono presentati solo tre ministri su ventisette. La questione era evidentemente fuori da tutti i radar, la consideravano una seccatura». Il risultato è che oggi l’Unione ha in tasca 26,5 miliardi per le politiche di integrazione dei nomadi e che il 70% dei fondi non è stato usato. «Ciò dimostra – incalza la lussemburghese – che, con qualche eccezione, nessuno vuole saperne. E questo è il nostro problema».
Si stima che siano 10-12 milioni i nomadi che abitano l’Europa, temuti per i comportamenti spesso criminosi che alimentano un risentimento nel quale crescono le ideologie più conservatrici. La Reding denuncia il «circolo vizioso» scatenato dalla mancata azione su una popolazione che per il 35% ha meno di 15 anni. «Se li portiamo a scuola e li educhiamo, togliamo dalla strada una generazione e salviamo la prossima – spiega la commissaria che oggi presenta una comunicazione sull’integrazione Rom -. Non è una questione da dieci minuti. Se non s’inizia subito, però, in breve l’emergenza sarà più grande».
Cosa chiede ai governi?
«Ogni stato dovrà presentare entro il 2011 un piano per l’inclusione, indicando degli obiettivi e come intende raggiungerli. Noi diamo quattro piste: assicurare il 100% di scolarizzazione; favorire l’accesso al lavoro; offrire migliori condizioni sanitarie, sopratutto tagliando la mortalità infantile; migliorare gli standard di vita, alloggio e accesso ai servizi».
Mica facile. A Milano per assegnare una casa a dieci famiglie nomadi c’è voluto il Tribunale…
«Se gli edifici sono destinati ai meno abbienti, i nomadi devono avere i diritti degli altri. Anche perché, non va dimenticato, in Italia una buona parte di loro non è straniera».
La scuola è il punto di partenza?
«Senza dubbio. Solo il 42% dei Rom fa le elementari, contro il 97,5 degli europei. Devono finire gli studi ed essere formati. Nel mondo del lavoro la discriminazione sui nomadi è ancora forte».
Perché molti governi sono fermi?
«Non è un argomento popolare. Non porta voti. Ma facciamo politica per risolvere i problemi o per raccogliere voti? I Rom saranno presto 15 milioni e, visto che sono cittadini europei, potranno andare ovunque. Non è meglio integrarli e tenerli in un luogo dove possano contribuire allo sviluppo del paese?».
C’è chi direbbe “se li metta a casa sua, Signora Reding”?
«Una possibilità è non fare nulla, così saranno più numerosi e problematici, sino a diventare una minaccia per la società. L’altra è mandare i loro figli a scuola e inserirli fra noi, con uguali diritti e doveri, lavorando e pagando le tasse».
L’Italia ha 491 milioni per politiche che possono essere indirizzate direttamente all’integrazione dei Rom. Consigli?
«La politica di integrazione è una responsabilità degli stati membri. Posso però dire che le difficoltà più gravi le hanno avute gli stati che hanno urlato contro per le conseguenze dei movimenti nomadi e non hanno affrontato nulla per prevenirle. Se puoi vuole un modello virtuoso, c’è la Spagna: ha 720 mila nomadi e li ha integrati. Perché l’Italia non dovrebbe riuscirci con 140 mila?».
C’è chi direbbe che “la strada è la loro cultura”…
«L’obbligo di andare a scuola non ha nulla a che fare con la cultura, ma è la base della nostra società e vale per tutti».
Molti bimbi Rom finiscono in classici speciali
«Questo non è la soluzione. E’ parte del problema».

Fonte: La Stampa del 5 aprile 2011

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