di Dario Laruffa
È quasi l’alba di venerdì in Italia, Donald Trump accetta formalmente l’incoronazione a candidato del partito Repubblicano americano per la Casa Bianca.
Nelle stesse ore l’Occidente trema per un clamoroso blocco informatico che ingolfa aerei, banche, borse, ospedali, chiamate d’emergenza. Un guasto, non un attacco terroristico, ci spiegano a breve giro. E noi, che non siamo complottisti, ci crediamo.
Una coincidenza. E noi ci crediamo, perché non siamo scaramantici. Vero?
La Convention repubblicana di Milwaukee (Wisconsin), ci ha consegnato due interessanti messaggi politici. Il primo: sorretto dai sondaggi Trump si considera (megalomania a parte) realmente vicino alla vittoria e quindi sceglie per il discorso di investitura toni meno apri del solito, “non dobbiamo demonizzare i nemici” ammonisce; lo dice ai suoi duri e puri, ma è rivolto a conquistare consensi fra i moderati anche indipendenti, quei voti che ti danno la Presidenza, “Un nuovo Don”, titola il conservatore New York Post.
Secondo messaggio: io Donald cavalco talmente indisturbato alla guida del mio partito che non ho bisogno di un vicepresidente che sia un mio complemento “centrista”. Scelgo invece un 39enne barbuto (ha sempre detestato la barba ndr) convertito da pochi anni al Trumpismo, ma così radicalmente da diventarne l’eccellente rappresentante per le elezioni del 2028: JD Vance.
Vance è senatore dell’Hoio, è un self made man populista che attacca Wall Street e le “corporation multinazionali”; in tema di diritti è sulla linea della chiusura totale all’aborto; è per la lotta dura all’immigrazione clandestina, non conta la razza ma conta il totale rispetto alle regole fissate da chi conta; è ispirato dall’isolazionismo in politica estera (che l’Ucraina sia abbandonata al suo destino); avverte gli alleati nel mondo, devono “condividere il peso di garantire la pace”, perché “non ci saranno più regali alle Nazioni che tradiscono la generosità dei contribuenti americani”.
Trump ritiene oggi di preferire uno così (anche se anni fa Vance paragonava l’ex presidente a Hitler, ma stai a ricordare…) a una personalità in grado di dargli una mano a recuperare voti fra le donne, gli afroamericani, gli ispanici o i moderati.
Per Trump è il primo comizio dopo l’attentato. “Trump promette tagli alle tasse, guerre commerciali e giri di vite alle frontiere”, titolerà il Financial Times.
Riunisce sul palco l’intera famiglia, inclusa la riluttante moglie Melania e l’ora distante Ivanka, ex figlia prediletta. Parla per oltre un’ora e mezza: il più lungo discorso di sempre a una Convention repubblicana. Una benda a coprire l’orecchio destro ferito, molti delegati ne portano una come lui, un segno di solidarietà. Bacia il casco del vigile del fuoco rimasto ucciso nell’attentato gettandosi a proteggere moglie e figli.
“Sono sopravvissuto per grazia di Dio onnipotente, lotterò per salvare il Paese”, annuncia. Il New York Times riporta: “dopo aver promesso di costruire ponti per superare le divaricazioni politiche, si è poi esaltato nell’accentuarle”. Donald è più forte di Donald.
E così, giudica Biden “il peggior presidente di sempre”; definisce “pazza” Nancy Pelosi, storica presidente democratica della Camera (un estremista di destra ha spaccato a martellate la testa del di lei marito); attacca giornalisti e magistrati. Si esalta sugli immigrati: “vengono da prigioni e carceri, da istituti per la salute mentale e ci sono terroristi in un numero mai visto prima. Vengono da ogni angolo del mondo, non solo dal Sud America, ma da Africa, Asia e Medio Oriente”. Gli illegali sono come Hannibal Lecter, il serial killer del Silenzio degli innocenti.
“Combattete, combattete, combattete”, urla alla folla in autocitazione.
Neanche una parola da Trump sul “Progetto 2025” preparato per lui dagli ultraconservatori della Heritage Foundation. In compenso il progetto è già stato celebrato dal candidato vicepresidente Vance. Selezionare funzionari per la fedeltà al presidente prima che alla Costituzione (our people), parliamo di 50mila persone, non dei 3mila ruoli apicali. Infondere nazionalismo cristiano ovunque. Incoraggiare la famiglia tradizionale e ridurre i benefici per la comunità Lgbt+. Un crimine spedire pillole abortive. Mettere sotto diretto controllo del presidente il ministero della Giustizia. Usare l’esercito per espellere i clandestini, anche quelli che già vivono negli Stati Uniti.
“La posta in gioco non è mai stata così alta. La scelta non è mai stata così chiara. Il presidente Biden è più determinato che mai a sconfiggere Donald Trump e la sua agenda Project 2025 a novembre”. Questa la dichiarazione rilasciata dalla campagna Biden-Harris in risposta al discorso di Trump.
Formalmente, quindi, Biden non compie ancora alcun passo indietro (o di lato) rispetto alla propria ricandidatura. Ma è molto sostenuta la pressione dei vertici e dei parlamentari democratici per il ritiro del presidente attualmente in carica. Diverse fonti politiche fanno trapelare che una decisione in tal senso potrebbe arrivare già nella fine di questa settimana. Probabile, non è ancora detto che sia certa. Candidata naturale (con tutti i suoi limiti) la vicepresidente Kamala Harris, una scelta probabile, anche se non certa. Avrebbe una montagna da scalare, ma meno ripida di quella che si erge davanti a Joe Biden.
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