• venerdì , 22 Novembre 2024

Troppo sbrigativo per gli enti locali tagliare i servizi

PER gli enti territoriali sono tempi difficilissimi. I trasferimenti diminuiscono drasticamente e la prima reazione degli enti è aumentare le tasse e tagliare i servizi. Non si parla di revisioni della spesa non per servizi, di razionalizzazione delle partecipazioni, non si vedono piani concreti di dismissione. Il motivo è il solito: l’ urgenza. Ma è una spiegazione che non regge più. Sappiamo da sempre di avere un debito pubblico che deve essere ridotto e un deficit che deve essere azzerato. Buon senso avrebbe voluto che si arrivasse all’ appuntamento con tutte le carte pronte: dove tagliare le spese, dove razionalizzare le partecipate, cosa vendere e come. Queste carte invece non ci sono, si ricomincia sempre dall’ inizio. E’ il segno di gestioni improvvisate, perennemente emergenziali e opportunistiche, pronte al ricatto nei confronti dello Stato centrale: o arrivano i milioni o tagliamo i servizi. Ma quei milioni non ci sono, e prima di tagliare i servizi ci sarebbero da tagliare le spese tutelate con forza silenziosa dalle lobby, soldi che non finiscono in vita migliore per i cittadini ma in portafogli più ricchi per i soliti. Questa crisi dolorosa deve essere l’ occasione per risanare moralmente ed economicamente la spesa locale. E anche per smagrire patrimoni che non fruttano ma costano. Una prima cosa Comune, Provincia e Regione la potrebbero fare rapidamente: costituire un fondo, metterci dentro gli immobili non funzionali e vendere le quote per almeno il 50 per cento del fondo, il quale poi provvederà a valorizzare e vendere gli immobili. La Regione ha cominciato, ora tocca agli altri. E’ un modo per muovere l’ economia e per dare respiro alle casse. La seconda cosa è chiudere o cedere le partecipate che non svolgono servizi propri degli enti, e che spesso sono solo poltronifici e sentine di corruzione. Aspettiamo con ansia la lista di quelli in via di eliminazione.

Fonte: Repubblica del 14 dicembre 2011

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