Un libro sulla crisi economica e finanziaria. Un maggiore impegno allAspen Institute Italia, di cui è presidente. Un graduale ritorno alla libera professione nel suo studio di avvocati e tributaristi. E nellimmediato, una dose da cavallo di aspirina per curare un poderoso raffreddore. Sempre che, come i più si aspettano, prevalga lipotesi di un governo guidato da Mario Monti.
Giulio Tremonti si prepara a lasciare Via XX Settembre, sede umbertina del ministero dellEconomia, immenso labirinto di stanze e corridoi, da cui ha guidato fra iniziali riconoscimenti e successive invidie e polemiche la politica economica italiana ai tempi della crisi. Unesperienza forse unica, sicuramente logorante. Si potrebbe definirla come uno «spread stress». Così, non appare troppo casuale che gli ultimi giorni da ministro siano caratterizzati da febbre alta e malesseri vari. Naturalmente cè stato qualcuno che ha visto nellassenza dal vertice di maggioranza dellaltro ieri sera lennesimo tentativo tremontiano di smarcarsi. Imbacuccato, e con una scorta di fazzoletti, il ministro si è presentato a palazzo Grazioli per il vertice del Pdl, convocato per decidere la posizione ufficiale del partito dopo le dimissioni di Berlusconi, evitando così che il gossip montasse oltre misura.
Tremonti continuerà a fare politica nel suo partito, che è e resta il Pdl, e continuerà ad avere rapporti stretti con Umberto Bossi e la Lega. Ma sarà necessario un periodo, magari breve, di decantazione. Ha lavorato sino a queste ultime ore, scrivendo il testo del maxi-emendamento al decreto sviluppo che il Parlamento si è impegnato ad approvare entro domani. Ancora mercoledì sera, era alla commissione Bilancio del Senato nel tentativo (non sempre riuscito viste le uscite singolari del senatore dipietrista Lannutti) di illustrarne i contenuti. Toni cauti, nessun colpo di mano, anzi lassicurazione che le modifiche allarticolo 18 sui licenziamenti verrà fatta dintesa con imprese e sindacati. Infine lincontro con gli inviati dellUe e della Bce, che hanno il compito di verificare la realizzazione degli impegni italiani nei confronti dellEuropa.
Considerando che questo governo ha cominciato nel 2008, lanno del fallimento della Lehman Brothers, e finisce nel 2011, anno dellesplosione dei debiti sovrani, Tremonti è già fortunato a uscirne soltanto con forti starnuti e qualche linea di febbre. Accusato di aver fatto poco o nulla per stimolare la crescita delleconomia, ha accettato lo scomodo ruolo di parafulmine delle frustrazioni politiche e confindustriali senza aver mai pensato neppure per un momento alle dimissioni. La crisi, le sue cause, e quel che ci attende nel futuro saranno largomento del suo prossimo libro, al quale ha già incominciato a lavorare. Poi ci sono lattività di deputato, le conferenze dellAspen Italia, e in prospettiva un possibile ritorno (part time, visto che limpegno politico resta) allattività professionale.
Nelle stanze che contano nel palazzone di Via XX Settembre ci si rende conto che «è finita unera». I Tremonti boys si preparano a traslocare altrove. Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro che il ministro ha tentato con pervicacia di portare al governatorato di Bankitalia, si dimetterà presto per approdare in una banca daffari internazionale tipo Goldman Sachs. Il pettegolezzo di palazzo dà per probabile larrivo, al suo posto, di Lorenzo Bini Smaghi, che proprio ieri ha annunciato le dimissioni dalla Bce, a partire dal primo gennaio 2012.
Tremonti dà l’addio al superministero ed è già pronto a tornare a lavorare
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