La Commissione europea ha pubblicato le sue proposte al Consiglio sull’unione bancaria: incluse in una comunicazione che riassume l’impostazione d’insieme, una proposta di Regolamento del Consiglio sul trasferimento dei poteri di supervisione alla Bce e una proposta di modifica al Regolamento istitutivo dell’Eba. Nell’immediato, l’attenzione si concentrerà sulla proposta in materia di supervisione, che si basa sull’articolo 127(6) del Trattato su Funzionamento dell’Unione e, dunque, dovrà essere approvata all’unanimità dal Consiglio, senza codecisione con il Parlamento europeo. La proposta sulla supervisione è coraggiosa e incisiva e implica lo spostamento dei poteri di vigilanza al livello sovranazionale in tempi rapidi: dal gennaio 2013 per le banche che hanno bisogno di assistenza finanziaria, da luglio 2013 per quelle di dimensione significativa, dal 2014 per tutte le altre. Tuttavia, alcune scelte richiedono ulteriore approfondimento e potrebbero essere migliorate. Riassumo qui di seguito le proposte di un nuovo Policy Brief in corso di pubblicazione presso il Ceps di Bruxelles, che ho preparato insieme a Jacopo Carmassi e Carmine Di Noia. La prima questione riguarda il contenuto dei poteri di supervisione. segue a pagina 10 segue dalla prima Su questo, la Commissione ha limitato l’intervento della Bce ai compiti di ispezione e sanzione per le banche ‘sane’, nonché ad alcuni poteri di intervento precoce in caso di crisi, lasciando (per ora) ad autorità di risoluzione nazionale di gestire le misure più incisive: mi riferisco ad esempio al potere di ordinare di cambiare il management, di cedere asset o linee di attività, o di creare una bad bank . A nostro avviso, se questi poteri restano in mani nazionali, l’obiettivo di sradicare dal sistema bancario dell’Unione i comportamenti collusivi tra supervisori e banche sorvegliate non verrà realizzato. L’alternativa è di sposare con decisione il modello adottato da due decenni dalla Fdic americana, il quale affida al supervisore tutti i poteri di gestione delle crisi, lasciando alla risoluzione solo la fase residuale della liquidazione, dopo che tutti gli altri interventi sono stati tentati. Oltre alla concentrazione nel supervisore di tutti i poteri di gestione della crisi, il modello americano è attraente anche per un altro aspetto che si dovrebbe replicare a livello europeo: il fatto che il supervisore è tenuto ad agire , adottando misure correttive di crescente intensità al superamento (verso il basso) di certe soglie critiche di capitalizzazione ( capital zones ). Gli indicatori di solidità e debolezza patrimoniale delle banche sono pubblici, così come le capital zones : dunque il supervisore è sottoposto al pubblico scrutinio del mercato e dei depositanti, che possono valutarne l’efficacia e la tempestività degli interventi. Naturalmente, le misure correttive non possono essere predeterminate in maniera del tutto automatica, l’autorità di supervisione deve mantenere margini discrezionali: l’importante, tuttavia, è di creare a suo carico una forte presunzione di agire, che obblighi a motivare il fatto e il non fatto. La pubblicità degli indicatori di solidità patrimoniale svolge un ruolo centrale, in questo sistema, nel mantenere la responsabilità pubblica del supervisore: dunque, essa deve basarsi su indicatori semplici, facilmente leggibili. Non rispondono a questo scopo i requisiti patrimoniali di Basilea, basati sui rischi ponderati con rating e modelli interni delle banche, i quali notoriamente non sono in grado di discriminare una banca forte da una banca debole e che, inoltre, dopo il barocco accordo in sede europea sulla revisione della direttiva Crd IV, sono in pratica diventati requisiti alla carta, che ogni paese dell’Unione può manipolare a proprio piacimento (solo le banche centrali continuano a fingere di non vederlo, ma è solo questione di tempo). Occorrerà dunque fare riferimento a requisiti di capitale non ponderati per il rischio, tenendo anche in debito conto l’evoluzione del rapporto tra il valore di mercato e quello di libro del capitale stesso. Gli studi empirici di Calomiris e Herring negli Stati Uniti e di Haldane alla Banca d’Inghilterra già indicano la strada da seguire per costruire indicatori affidabili. Un secondo aspetto della proposta della Commissione in materia di supervisione che andrebbe modificato riguarda l’area di applicazione, che la Commissione identifica nell’area euro, eventualmente allargata ad altri paesi che volontariamente decidano di sottomettersi alla vigilanza della BCE, con accordi vincolanti ( close cooperation arrangements ). Questa impostazione può implicare rischi notevoli di distorsione o segmentazione del mercato bancario interno. La Commissione vuole risolvere il problema mantenendo, e forse rafforzando, i poteri di standard setter dell’Eba, l’Autorità bancaria europea, non solo al fine dell’uniformazione delle norme secondarie attuative della disciplina comune ( single rule book ), ma anche delle pratiche amministrative di vigilanza ( the hand book ). La verità è che in questa materia le pratiche amministrative inevitabilmente evolvono e si adattano sul terreno, e quindi il pericolo di una divergenza dei vincoli e degli incentivi impliciti nelle pratiche di vigilanza rimane finché le autorità di sorveglianza sono distinte. La nostra proposta, dunque, è di applicare le norme comuni a tutta l’Unione, prevedendo al massimo la possibilità di opt out per chi proprio non ne voglia sapere: il quale allora non potrà poi protestare se si troverà in condizioni di svantaggio sul mercato interno. Questa impostazione non è in contrasto con il Trattato: senza entrare qui in argomentazioni giuridiche troppo complicate (che il lettore troverà nel nostro documento Ceps), basta ricordare, a conferma, che il Regolamento che attribuisce alla Bce il segretariato del Comitato europeo per il rischio sistemico (Esrb) è stato anch’esso approvato con la procedura dell’articolo 127(6), con validità per tutti i membri dell’Unione. L’ultimo aspetto delle modifiche alla proposta della Commissione che si può richiamare in questa sede riguarda l’organizzazione dell’autorità di sorveglianza. La Commissione ha proposto la piena centralizzazione non solo del potere di decidere, ma anche del suo esercizio, cosa che implica la creazione ex-novo di una nuova struttura di vigilanza a Francoforte, alla quale gradualmente le strutture nazionali dovrebbe trasferire tutti i poteri. La nostra proposta, invece, è di adottare anche per la supervisione delle banche il modello istituzionale della politica di concorrenza (Regolamento 1/2003): dove le autorità nazionali e quelle europee sono entrambe tenute ‘in parallelo’ all’applicazione delle norme europee, ma quelle europee mantengono il potere di avocare i casi ritenuti significativi. L’allocazione dei casi viene decisa in base a criteri quantitativi e di mercato stabiliti dal centro. In questo modo, le strutture esistenti di vigilanza sarebbero incorporate nel nuovo sistema europeo, invece che espropriate, nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà e con forti economie di risorse. Questo approccio sembra anche più coerente con la Road Map tracciata all’inizio dell’estate dai “Quattro Presidenti”.
Fonte: Affari e Finanza del 17 settembre 2012Tre idee per il futuro dell’Unione Bancaria
L'autore: Stefano Micossi
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