Una serie di emendamenti presentati dallItalia alla vigilia di Capodanno potranno coagulare il consenso dei governi dellUnioe in merito alla prima bozza di metà dicembre di quel nuovo accordo europeo che si punta a far decollare entro marzo.
Le modifiche proposte dalla diplomazia economica e finanziaria dellItalia (e su cui stanno convergendo non solo Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia, ma anche Danimarca,Polonia,Slovenia,la Repubblica Ceca e quelle baltiche) sono chiosate in rosso, con commenti al margine in neretto su fondo azzurro od amaranto (i due colori distinguono limportanza delle osservazioni) delle 12 pagine della bozza del 17 dicembre.
LItalia chiede esplicitamente la modifica dellarticolo 4, che resta la parte centrale del documento e che, nella versione presentata alle ‘Parti Contraenti’ (cioè tutti gli Stati dellUe tranne la Gran Bretagna che resterà fuori – , così denominati con uno stratagemma per rendere più snello liter del nuovo Trattato e favorirne così il via libera), fissa la necessità di ridurre di un ventesimo per anno il rapporto tra stock di debito pubblico e Pil quando il primo supera il 60% (e nel caso italiano, lo ricordiamo, è il doppio). Ciò avrebbe implicato per lItalia manovre di 35-40 miliardi di euro lanno, a prezzi costanti, per circa ventanni. Anche altri Paesi coinvolti nel negoziato sarebbero finiti in serie difficoltà: la convergenza di manovre restrittive avvitereb¬be leurozona su se stessa.
Alcuni hanno minimizzato la gravità dellimpegno, sostenendo che un obbligo analogo era già in vigore.In effetti è così, ma in base a un regolamento (nel lessico comunitario, il numero 1177/2011) che, da un lato, si riferisce alla sola eurozona e non a tutti i 26, da un altro non prevede quel¬le sanzioni che sono fissate, invece, nella bozza di ‘accordo’. Inoltre il regolamento contempla una gamma di eccezioni (ciclo economico sfavorevole, calamità naturali e altri ‘fattori rilevanti’) e, soprattutto, ha giuridicamente una forza inferiore a quella di un ‘accordo’ che, una volta ratificato, è un trattato internazionale vero e proprio. La proposta italiana consiste non nel depennare lart. 4, ma nellampliarlo richiamando proprio il regolamento con le sue ‘clausole di salvaguardia’ (ossia le eccezioni).
Non solo: nel testo emendato dallItalia,lart.1 sulla disciplina di bilancio prevede che le politiche di rigore ‘lascino spazio di manovra per tenere conto delle esigenze di investimenti pubblici’. Ancora, la valutazione dei bilanci nazionali di previsione, da parte della Commissione europea, dovrà essere ‘equilibrata’ e tenere conto ‘di tutti gli elementi pertinenti’: una frase – si nota a Bruxelles – che lascia aperta la possibilità di politiche sì severe, ma tali da salvaguardare strategie di ‘sviluppo inclusivo’ che guardino con particolare attenzione alle fasce deboli. Un ulteriore punto dellemendamento italiano stabilisce che le procedure per lesame e valutazione dei bilanci nazionali da parte della Commissione siano integrate con quelle del ‘semestre europeo’: questo non solo per evitare duplicazioni, ma anche per porre listituzione con sede a Bruxelles nel proprio ruolo ‘tecnico’, e non politico, come precisano poi le proposte dellItalia per riscrivere lart.8 della ‘bozza’.
Tiriamo le somme. Le modifiche pro¬poste dal governo Monti non annacquano il rigore dell’unione fiscale’ verso cui viaggeranno i 26 (se laccordo verrà firmato e ratificato), ma si prefiggono di collegarla di più allo sviluppo, aspetto peraltro essenziale per risolvere il problema dell’Himalaya’ del debito.Tutto al fine di rimettere leuro sulla corretta carreggiata ed evitare quel «decennio o ventennio nero» di recessione sempre più grave che, secondo Charles Wyplosz, professore di economia internazionale allIstituto di alti studi internazionali di Ginevra, si sarebbe prospettato nelleurozona se l’accordo’ fosse rimasto immutato rispetto alla bozza di partenza.
Si punta a togliere le sanzioni. E a maggior spazio sugli investimenti pubblici
Trattato Ue, il piano italiano
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