• martedì , 26 Novembre 2024

Torna il neo guelfismo sui vessilli dei cattolici

Nell´ultima “Linea di confine” (28/11/11) rilevavo come tra le novità assolute del governo Monti, figurasse la presenza di una rappresentanza ecclesiale diretta rappresentata da personalità già legittimate dalla Chiesa in ruoli di notevole prestigio. Più noti, fra gli altri, il rettore dell´Università cattolica, prof. Lorenzo Ornaghi, e il fondatore della Comunità di Sant´Egidio, prof. Andrea Riccardi. Analizzando un recente discorso di quest´ultimo sulla storia della Dc, ne traevo un giudizio interessato per la ricomparsa ai vertici della vita politica di una corrente del pensiero cattolico democratico che tanto aveva contribuito, a suo tempo, alla edificazione della prima Repubblica. Prontamente Casini ha colto la nuova atmosfera e con il concorso del nuovo ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha animato all´Istituto Sturzo un convegno sull´”Internazionalismo democratico cristiano”, estendendolo alla necessità di aprire un dialogo inter-religioso con i partiti islamici moderati. Un programma che per avere un senso dovrebbe assumere il profilo che ebbero negli anni Cinquanta e Sessanta i Colloqui fiorentini ispirati da La Pira. Ma dove è oggi un La Pira? Interrogativo retorico ma tuttavia non del tutto gratuito perché il fervore del pensiero politico cristiano, in concomitanza con un non dichiarato neo collateralismo o, se si vuole, una specie di simbiosi sottaciuta con il governo Monti, rivela l´emergere un fenomeno di grande potenzialità e dalle molteplici sfaccettature.
In questo panorama ho avuto occasione di leggere un discorso, che oserei chiamare programmatico, pronunciato da Lorenzo Ornaghi il 2/12 al X Forum dedicato a “Tradizione e progetto nel 150° Anniversario dell´Unità d´Italia”. I temi si articolano in più direzioni non qui riassumibili, pur tuttavia ispirati a un giudizio originale sul nostro passato, «per la maggior parte dei Paesi suggello di identità… mentre l´Italia pare essere condannata ad un tempo inconcluso o mai da considerare definitivamente chiuso: solo, così, infatti può protrarsi senza uleriori traumi l´armistizio tra i “vincitori” e i numerosi, differenti “vinti” della vicenda unitaria nelle sue principali scansioni». Analizzati i punti fondamentali su cui si innesta “lo stabile squilibrio” tra sistema politico statale e società, il rettore della Cattolica avanza una risposta e un interrogativo di grande portata: «Si è aperto il tempo per i cattolici di tornare ad essere con decisione “guelfi”? Rispetto ad altre “identità” culturali che sono state protagoniste della storia unitaria… disponiamo di idee più appropriate alla soluzione dei problemi del presente… Tornare a essere con decisione “guelfi” comporta affermare l´idea e la realtà di “italianità” quale dato storico, di cui gli essenziali e più duraturi elementi sono religiosi, cattolici. E soprattutto richiede – diversamente dal guelfismo ottocentesco – la consapevolezza che la “perennità” dell´Italia cattolica e la sua “esemplarità” nei confronti delle altre nazioni… dipendono dall´energia e dal successo dell´azione dei cattolici oggi».
Poiché nessuno, d´altra parte, potrebbe oggi immaginarsi una riedizione del pensiero di Gioberti con la riproposizione di una Federazione di Stati italiani ancorché democratici, presieduta dal Papa, se ne deduce che il neoguelfismo di Ornaghi trovi piuttosto ispirazione nell´integralismo cattolico di un Dossetti e del gruppo (Lazzati, La Pira, ed anche Fanfani) che fu chiamato del Porcellino. Sol che allora, soprattutto durante la stesura della Costituzione, a questo gruppo si contrapponeva dialetticamente un robusto pensiero gramsciano, impersonato da Togliatti e dagli intellettuali comunisti non ancora travolti dalla crisi ungherese. Oggi a controbilanciare una cultura cattolica rinnovata e impegnata in un´azione di governo e di rinascita c´è un pauroso vuoto dove potrebbero precipitare le permanenti esigenze, “indisponibili” anch´esse, di laicità della Repubblica italiana.

Fonte: Repubblica del 5 dicembre 2011

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