• venerdì , 18 Ottobre 2024

Terapia del dolore, un passo indietro

Due passi avanti e uno indietro. Un detto che si addice alla terapia del dolore nel nostro Paese. Se i lettori ricordano, questa rubrica ebbe qualche merito nella approvazione di una legge lungamente attesa per facilitare la prescrizione e l’uso degli oppiacei nei casi di dolore grave, sia nei malati terminali come anche nella sofferenza acuta o cronica dei pazienti affetti da patologie dolorose. Fu uno degli ultimi atti della Camera, prima dello scioglimento nel 2001, con Veronesi ministro della Sanità. Il motivo ispiratore di tutte queste misure consisteva nel separare nettamente la normativa attinente le terapie sanitarie da quelle che sovrintendevano la lotta alla droga come anche le somministrazioni di metadone per dissuefare dalla stessa. Almeno questi punti sembravano acquisiti anche se permanevano residui impedimenti burocratici e, soprattutto, una grave arretratezza culturale degli ambienti medici. Fino a quando la nuova legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti ha di nuovo fatto ricadere la prescrizione degli oppiacei a fini terapeutici sotto l’occhio vigile del controllo penale anti-droga. A proposito di questa legge la Federfarma, organo rappresentativo dei farmacisti, lamenta il fatto che essa “ridisegna l’intero complesso di norme che disciplinano l’erogazione e la preparazione dei medicinali oppiacei, intervenendo nella classificazione delle sostanze, sul tipo di ricetta medica necessaria per i vari farmaci e sugli adempimenti a carico di medici e farmacisti. Il farmacista è tenuto a controllare la regolarità della ricetta: dalle generalità dell’assistito, che deve verificare dietro richiesta di un documento, alle dosi e modalità di somministrazione, ai dati professionali del medico, timbro e firma. Egli deve, inoltre, conservare per due anni copia della ricetta e registrare i farmaci in un apposito registro di entrata e di uscita, controfirmato in ogni pagina da un responsabile dell’Asl. Se commette qualche errore, anche formale, nell’iter procedurale il farmacista può essere sottoposto a una multa fino a 26.000 euro ma anche incorrere nella reclusione da 8 a 20 anni. Il che comprova come si sia tornati a sottoporre la terapia del dolore alle norme penali concernenti la lotta alla droga.
Il dott. Claudio Blengini di Dogliani (Cuneo) che, come rappresentante dei medici di famiglia, fa parte della commissione ministeriale di studio sulle terapie del dolore, e che si batte da tempo in maniera encomiabile per renderla possibile, mi scrive: “Che il malato debba essere obbligato a mantenere copia della ricetta per scagionarsi da una eventuale contestazione di abuso mi sembra una umiliazione grave. E poi quale copia deve ritenere ? La copia del medico che la precedente riforma aveva esentato dalla conservazione o la fotocopia della copia per il farmacista ? Così mentre l’obbiettivo era di semplificare ancor più di quanto avevamo fatto, visto che molti professionisti della sanità seguitano a pensare che il dolore non sia un problema, si torna invece a complicare tutto di nuovo. L’ultima legge va, quindi, modificata al più presto dal nuovo governo.”
Con ben giustificata puntualità è ora intervenuto il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva che ha presentato il 28 scorso la Carta dei diritti contro il dolore inutile nella quale, oltre a chiedere una rapida revisione della legge Fini-Giovanardi, rivendica i seguenti principi: il diritto a non soffrire inutilmente, al riconoscimento del dolore, all’accesso alla sua terapia, a una assistenza qualificata e continua, a una scelta libera e informata, a non provare inutilmente dolore durante gli esami diagnostici invasivi e non. Si richiede, infine, di assicurare una corretta terapia del dolore ai soggetti che “non hanno voce”, i bambini e gli anziani.
Spero davvero che il prossimo ministro della Sanità si attivi per facilitare l’attuazione di questi diritti, ormai entrati nella comune prassi di cura in tutti i paesi civili. Ma non Italia, come scrive nel suo libro “Contro il dolore” (ed. Frassinelli ), scritto in collaborazione col fratello Mario, il prof. Marco Pappagallo, docente alla New York University, considerato il numero uno della terapia del dolore negli Stati Uniti. Il libro si apre con queste parole: “ Soffrire non è un obbligo, eppure in Italia sembra che lo sia. Nella cura del dolore, ormai comunemente inquadrato come malattia, il mondo soprattutto negli ultimi dieci anni ha fatto passi da gigante tanto che oggi il 90% di chi soffre può trovare la soluzione al suo problema. L’importante è proporla.”

Fonte: La Repubblica del 15 maggio 2006

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