• lunedì , 23 Dicembre 2024

Tenuta del governo Monti

Nonostante qualche comprensibile critica,lasciarsi andare a moti di scontento nei confronti dell’attuale esecutivo sarebbe esiziale.
Fermi tutti. La brusca inversione a U nei giudizi sul governo Monti può anche avere qualche fondamento ed essere parzialmente comprensibile, ma contiene un rischio micidiale. Non sto parlando dei media, nazionali e non, il cui cambiamento si percepisce molto per la semplice ragione che era eccessiva l’acquiescenza precedente. Né delle forze sociali, che hanno il diritto-dovere di criticare questo o quel provvedimento senza per questo dover essere passati per le armi, come si è tentato di fare con la Confindustria. Parlo dei partiti, dei parlamentari, del sistema politico nel suo insieme. Che si stanno assumendo la responsabilità di dare ai mercati finanziari l’immagine di un paese che torna a dividersi, credendo che i pericoli che lo avevano spaventato qualche mese fa siano nel frattempo scomparsi come per magia. E lo spread, che è il termometro che misura la temperatura di oggi sulla base delle previsioni di quello che succederà domani, ha subito registrato l’addensarsi di incertezze sul futuro prossimo (certo, c’è il ritorno della Spagna nel mirino della speculazione a trascinarci, ma anche le cause endogene dei 100 punti di spread persi, su 300 che avevamo guadagnato, non sono affatto marginali).
Si dirà: ma il governo non merita solo lodi. Vero. I tre pezzi della manovra economica fin qui svolta non sono il massimo, né come scelta di fondo (sbagliato tentare di azzerare il deficit corrente anziché aggredire il debito) né come singole scelte (bene la riforma delle pensioni, poca cosa le liberalizzazioni, male l’eccesso tasse e l’aumento dei costi per le imprese derivanti dalle restrizioni in materia di flessibilità del lavoro in entrata, pericolosa la guerra ideologica ad un fenomeno di massa come quello dell’evasione fiscale). In più si fatica a vedere sia un disegno strategico nella gestione della crisi del nostro capitalismo, sia un qualche ordito nell’affrontare di petto la recessione e i fattori di possibile ripresa. Da questo punto di vista, il dato sulla produzione industriale, che a febbraio ha fatto segnare un crollo (-6,8%) come non accadeva dal novembre 2009, il che riduce a soli 5,4 punti il recupero dai minimi del punto più alto della recessione (marzo 2009) e mantiene a qualcosa come il 22% la distanza dal picco di attività pre-crisi (aprile 2008), è una conferma che non basta auspicare la crescita o pensare di favorirla aggredendo questioni tutto sommato marginali. Occorre predisporre un grande piano di investimenti pubblici e abbassare in modo drastico le tasse per incentivare quelli privati. Cosa che si può fare solo attraverso una riduzione significativa (da 7 a 10 punti di pil) della spesa pubblica corrente, una semplificazione burocratica coraggiosa e un intervento straordinario sul debito.
Sì, il governo è manchevole su questi tre fronti. Ma qualcuno ha forse visto una qualche proposta delle forze politiche e parlamentari che mostrano crescente irritazione nei confronti di Monti e dei ministri? Neanche una. La verità è che il governo Monti va aiutato, incalzato costruttivamente, non tirato per la giacca. E nel farlo occorre essere sempre consapevoli che si sta maneggiando nitroglicerina, perché ai mercati basta poco per esplodere. Non dimenticatevi che Monti è lì perché lo spread ci aveva portato sulla soglia del baratro. E può risuccedere.

Fonte: Il Messaggero del 15 aprile 2012

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