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Telecom, la politica, il credito e l’ultima chiamata

«Adesso il sistema ha una pistola puntata alla tempia: risponderà? È sperabile. Ma il Governo non avrà un ruolo attivo. Mi auguro che il sistema imprenditoriale e quello finanziario valutino bene il danno reputazionale che deriverebbe all’economia italiana dalla cessione del controllo di Telecom agli americani e ai messicani». Un autorevolissimo ministro del Governo Prodi sintetizza così la situazione che si è creata con il colpo di scena della domenica delle Palme. La Pirelli di Marco Tronchetti Provera ha avviato una trattativa in esclusiva con AT&T e America Movil per cedere loro il 66,6% di Olimpia, la holding che detiene il 18% di Telecom Italia. Gli acquirenti pagherebbero 2,82 euro per azione, un valore superiore del 30% ai corsi di mercato dei giorni precedenti l’annuncio. E dopo un anno potrebbero comprare anche la restante quota di Olimpia salendo fino al 18% di Telecom.
Il mercato ha salutato con favore la novità: iltitolo Telecomè salito del 9,55% a 2,34 euro, colmando in parte il divario che lo separava dalle valutazioni di chi è disposto a pagare un premio per il controllo. I politici invece l’hanno presa male.Dal Governo trapelava un’evidente irritazione, un po’ perché nessuna comunicazione preventiva era arrivata all’Esecutivo, un po’ per la sostanza dell’operazione: Romano Prodi e isuoi ministri non possono essere “contenti” che Telecom Italia, e con essa la reteditelefonia fissa, finiscanelle mani di sia pur rispettabilissime società straniere, e nemmeno europee. La “preoccupazione” di Paolo Gentiloni, di Pier Luigi Bersani e di Vincenzo Visco, rispettosa delle autonome scelte societarie, va compresa e non va confusa con i toni demagogici di Fausto Bertinotti e di Antonio Di Pietro. Il presidente della Camera ha invocato la possibilità per il Parlamento di «esprimere un indirizzo » e ha parlato di «lesa sovranità nazionale». Il ministro delle Infrastrutture ha invece sollecitato un intervento del Governo per «porre limiti allo shopping finanziario di asset fondamentali per il Paese».
Ma al dilà delle intemperanze, bisogna capire che non sono giorni facili per il Governo, alle prese anche con la comparsa della russa Aeroflot nella lista dei pretendenti per Alitalia. Il mondo intero sta vivendo un’ondata di protezionismo.

Hanno fatto scalpore in Europa le dichiarazioni di Nicolas Sarkozy che ha definito «uno spreco» la cessione della siderurgia di Arcelor agliindiani di Mittal, annunciando il rilancio della «politica industriale » e il «sostegno ai campioni nazionali »in caso di successo alle elezioni. Ed è stato Luis Zapatero a favorireil successo in terra spagnola dell’Enel che ha sbarrato la strada ai tedeschi di Eon su Endesa. La stessa Enel era stata fermata da Dominique de Villepin nel momento in cui stava per acquisire Suez. E poi basta guardare come gli Stati europei hanno recepito la discussa direttiva sull’Opa per capire che le porte non sono aperte: tutti i Paesi hanno preferito un’interpretazione restrittiva. Perché allorail Governo italiano dovrebbe accogliere a braccia aperte gli americani ei messicani che si candidano a comprare Telecom o i russi che vogliono Alitalia? Il protezionismo, nonostante tutto, è un argomento che funziona in politica e che parla alla “pancia” dell’elettorato. Del resto anche Giulio Tremonti ne avevafatto un suo cavallo di battaglia ai tempi del Governo della Casa delle libertà.
Ora però lapalla passa al”sistema”. Il problema è se questo sistema esiste davvero e chi ne fa parte. Intanto c’è una novità importante:il prezzo.Fino a domenica il fronte bancario era diviso tra chi voleva assecondare le richieste della Pirelli e chi ribatteva che «tanto al prezzo chiesto da Tronchetti non compra nessuno ».Adesso il prezzo è 2,82 euro per azione: l’operazione si fa se si è disposti a superare quell’asticella, mettendo sul piatto 4,6 miliardi di euro.Qualche complicazione ulteriore potrebbe venire da un disimpegno di Guido Rossi. Il presidente di Telecom Italia potrebbe infatti essere tentato di farsi da parte sentendosi scavalcato nelle scelte che contano.
Se le banche non riusciranno, allora il Governo dovrà occuparsi di “gestire” lo sbarco in Italia di americani e messicani. Il Governo sembra intenzionato a non usare l’arma spuntata della golden share (peraltro ancora prevista dallo statuto Telecom in caso di minaccia alla sicurezza nazionale o situazioni simili). Qualche difficoltà potrebbe nascere sul versante tv perché la legge americana vieta agli europei di entrare nel settore dei media e quindi non c’è reciprocità. AT&T e America Movil potrebbero essere costrette a vendere Ti Media (La7). E probabilmente non ne farebbero un dramma. Soprattutto Carlos Slim, il ricco azionista di America Movil che neanche sei mesi fa aveva offerto 10 miliardi per la sola Tim Brasil e che adesso può entrare nella stanza dei bottoni di Telecom Italia con meno di un terzo di quella cifra.
Resta un dubbio: perché sono state respinte le avance della spagnola Telefonica che offriva di più, è europea e poteva anche essere interessata a una soluzione paritaria italospagnola? Forse è stato un errore che oggi molti non rifarebbero.

Fonte: Il sole 24 Ore del 3 aprile 2007

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