• venerdì , 27 Dicembre 2024

Sveglia, la spazzatura può portare profitti

Le cronache ci ricordano che in Italia i rifiuti sono diventati un’emergenza permanente Ne produciamo circa 35 milioni di tonnellate l’anno, il cui smaltimento costa circa 75 euro per tonnellata, con punte che possono arrivare anche a 135 euro. I rifiuti italiani smaltiti in Germania ci costano mediamente 5/6 volte la media nazionale. Da alcune settimane, la spazzatura ha travolto Napoli ed altri comuni della Campania; per uscirne si è dovuto fare ricorso alla Protezione Civile. In un futuro potrebbe riguardare altre aree. Tanto più che si avvicinano le scadenze delle direttive europee secondo cui entro il prossimo ottobre i rifiuti devono essere trattati prima di essere portati in discarica ed entro il 2009 la metà dei rifiuti che possono produrre metano deve essere trasformata in energia.
Tutte le medaglie hanno due facce. Tralasciamo per un momento la realtà dei fatti, e cioè che in Campania incidono purtroppo logiche non proprio ordinarie in tema di rapporti tra territorio e malavita. Immaginiamo per ciò una situazione ideale, vale a dire caratterizzata dalla dialettica politica tradizionale. Ebbene, in uno scenario simile un problema che sembra irrisolvibile può essere trasformato in una buona opportunità economico-finanziaria. In primo luogo, secondo Frost & Sullivan di Londra (società di consulenza specializzata nel settore), in Europa l’industria dello smaltimento rifiuti già fattura 100 miliardi di euro l’anno- una cifra che potrebbe aumentare significativamente nei prossimi anni. Soltanto in Gran Bretagna, ad esempio, secondo l’Agenzia per l’Ambiente del Regno Unito, l’industria manifatturiera perde il 7% degli utili netti annui a ragione dell’impiego di tecniche obsolete di trattamento. Le prospettive di un rapido incremento delle cifre d’affari sono all’origine di un’attività intensa di fusioni e concentrazioni (M & A) negli ultimi mesi: FCC, la maggiore impresa spagnola del settore, ha acquistato il Waste Recycling Group britannico in vista di rapida espansione del mercato oltre Manica; Montagu Private Equity ha venduto Cory Environment ad un consorzio guidato da ABn-Amro Global Infrastructure Fund; su Shanks, un’impresa diversificata di gestione dei rifiuti che opera in tutta Europa, si starebbe per lanciare un’Opa. Con attività così vivace, secondo Bridgewell Securities, ci potranno essere veri e propri balzi delle valorizzazioni azionarie tali da fare sì che la spazzatura ed il suo trattamento potranno dare grandi soddisfazioni a chi sa dare l’affondo giusto, al momento appropriato. Una cifra è indicativa: in Europa ci sono già 400 impianti che trasformano i rifiuti in energia; un risultato delle direttive europee (e della emergenza permanente) è che ne verranno creati almeno altri 100 entro il 2012.
In Italia, dove operano società quotate (come l’Actelios) che si stanno imponendo all’attenzione internazionale (al comparto ha recentemente dedicato un’analisi la columnist Barbara Wall), la crisi dello smaltimento dei rifiuti è diventata la molla perché pure da noi si introduca una tecnologia nuova per l’Italia, ma non per Paesi come il Giappone e la Germania: la pirolisi. Lo indicano le linee guida sulle migliori tecnologie del rapporto congiunto della Commissione interministeriale dei Ministeri dell’Innovazione e dell’Ambiente presentato poche settimane fa (tra la disattenzione dei non addetti ai lavori). Occorre “promuovere – dice il documento – uno o più progetti guida su pirolisi e combustione di bassa temperatura dei rifiuti solidi urbani con sperimentazione di piccola unità di smaltimento (dell’ordine di una decina di tonnellate al giorno) da sperimentare sul campo per realtà rappresentative di piccoli bacini”. La pirolisi non produce diossine (a differenza degli inceneritori), allo stesso tempo trasforma il 90% del rifiuto in energia senza bruciarlo (a differenza del solo 50% degli inceneritori- il 50% restante deve essere depositato nelle discariche), è riproducibile in economia di scala ed è conveniente finanziariamente. Nel mondo gli stabilimenti sono già una cinquantina ed hanno dato buona prova.

Fonte: Milano Finanza del 29 maggio 2007

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