Conclusioni rivoluzionarie, dal confronto fra i 20 leader dei paesi di vecchia e nuova industrializzazione, da Toronto, non sono uscite. E non poteva che essere così: resta vero, infatti, come recitava lo slogan di Pittsbourgh nel 2008 che «problemi globali richiedono soluzioni globali», ma ci sono momenti in cui è prioritario smussare le contrapposizioni e puntare ad attenuare timori e resistenze al cambiamento, per garantire continuità a un percorso di riforma.
A ben guardare, i passi avanti veri compiuti nel week end canadese sono soprattutto quelli realizzati nel campo della finanza, nonostante la scelta di procedere in ordine sparso sul versante del contributo fiscale delle banche.
Proprio la logica del pragmatico compromesso ha permesso allo sherpa finanziario del G-20, quel Financial stability board che riunisce ministeri dell’economia, banchieri centrali e controllori del mercato finanziario dell’area che produce l’85% del pil mondiale e che è diretto dal Governatore Mario Draghi, di assicurare un timing e una prospettiva di concreta praticabilità alla riforma del sistema finanziario internazionale. Un sistema che deve irrobustirsi e mettere fieno in cascina, se vuole evitare di trovarsi vulnerabile di fronte alle crisi del futuro: per questo l’obiettivo finale, che deve essere in vista entro la fine del 2012, era e resta la riforma dell’accordo interbancario di Basilea, la “Basilea tre”. Sullo stesso concetto è intervenuto ieri, all’assemblea della Banca dei regolamenti internazionali anche il suo presidente, Jaime Caruana, affermando che l’innalzamento dei requisiti di capitale e della liquidità è un intervento più efficace dell’idea di una tassa straordinaria sulle banche.
Insomma, tutte le strade continuano a portare a Roma,ovvero al nuovo accordo interbancario sui requisiti patrimoniali, sul quale i Grandi dovranno siglare definitivamente l’intesa a novembre al vertice G-20 di Seoul. Anche se, come spiega il comunicato di Toronto «gli accordi transitori rifletteranno le diverse situazioni e punti di partenza nazionali, con una differenziazione rispetto ai nuovi requisiti che si andrà restringendo a mano a mano che i paesi convergeranno verso il nuovo standard globale».
Il comunicato recepisce in modo pressoché integrale le considerazioni fatte da Draghi nella sua “lettera” di esortazioni ai capi di governo, nella quale il Governatore rimarcava che «la quantità e la qualità del capitale nel sistema creditizio internazionale dovranno essere significativamente più elevati, per migliorarne la capacità di assorbire le perdite e di resistere» agli shock esterni. Inoltre, nella lettera il presidente del Fsb raccomandava che «dovremo assicurare accordi di transizione in grado di sviluppare questo passaggio a nuovi standard più elevati senza mettere a rischio la ripresa, piuttosto che consentire che le preoccupazioni sulla fase di transizione indeboliscano i requisiti richiesti». Timori e resistenze dell’industria bancaria (che in alcuni casi è arrivata a cifrare in tre punti di pil in meno l’effetto delle nuove norme) sembrano eccessivi: chi conosce i primi risultati degli studi realizzati in sede Bri afferma che l’impatto di Basilea 3 sulle banche sarà decisamente inferiore alle stime effettuate all’interno del mondo creditizio. Per questo il compromesso sulle modalità di attuazione è stato trovato, ma non va inteso in nessun modo come un “annacquamento” delle regole: da questo punto di vista, il numero uno di Bankitalia ha motivi per essere soddisfatto dei risultati del vertice di Toronto.
Del resto, nelle discussioni dedicate alla “financial sector reform”, tanto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama quanto il cancelliere tedesco, Angela Merkel hanno utilizzato la bussola fornita dal Fsb, riconoscendo che il “board” ha la possibilità di dare ai regolatori internazionali istruzioni che contribuiscano concretamente a minimizzare la volatilità dei mercati.
Dal canto suo, Draghi ha ricordato ai grandi della terra che a tre anni dallo scatenamento della crisi finanziaria il mercato del credito è ancora fragile e che è necessario agire su due fronti: da un lato, ha spiegato, occorre lavorare assecondando la forte domanda di trasparenza che viene dai mercati; la scelta di pubblicare gli stress test a livello europeo secondo Draghi è un’iniziativa efficace proprio perché serve a ridurre l’incertezza. Dall’altro lato, il Governatore ha incoraggiato il G-20 a fare progressi sul fronte del rafforzamento patrimoniale delle banche, con soluzioni che non creino problemi al mercato e che servano anche a proteggere i contribuenti, evitando che siano loro, in futuro, a dover pagare per i problemi del credito.
Sulle regole la regia Draghi
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