Mentre Marchionne ha tutto il diritto di bluffare, il governo ha lobbligo di essere chiaro e risoluto: meglio nuovi investimenti che aiuti a produzioni decotte.
Ho sempre sostenuto che per la seconda economia manifatturiera dEuropa sarebbe stato inconcepibile non avere unindustria nazionale dellauto. E per questo ho sempre difeso qualunque ipotesi di sostegno alla Fiat, anche quelle che lEuropa definisce (definiva?) indebiti aiuti di Stato. Adesso non più.
Non perché abbia cambiato idea e sia diventato improvvisamente un oltranzista del pensiero liberista. Ma perché credo purtroppo che siano cambiate le condizioni.
In Europa cè una grande sovracapacità produttiva, che in Italia destinata questanno a non raggiungere neppure un milione e 400 mila vetture immatricolate raggiunge livelli record. Inoltre il mercato continentale è ormai occupato da alcune case, tutte tedesche, che occupano il mercato generalista come quelli di nicchia con grandi risultati sia in termini di qualità dei prodotti, caratterizzati da un alto livello di innovazione tecnologica, che di risultati aziendali.
Insomma, non cè più spazio per un produttore che, come Fiat, è sotto il 30% come quota del mercato domestico ed è sceso verso il 5% in quello europeo. E che non produce neppure mezzo milione di vetture (nel 2011 erano state 550 mila). Dunque, al di là dei progetti fantasmagorici di Marchionne di soltanto due anni e mezzo fa cui soltanto gli stolti potevano dar credito e che ora sono stati rimessi nel cassetto con la scusa della crisi (che cera anche quando è stata concepita lidea di Fabbrica Italia), non ci sono le condizioni per tenere in piedi gli attuali livelli produttivi.
Per questo è logico immaginare che, in mancanza di aiuti pubblici sostanziosi, Marchionne sceglierà di chiudere le fabbriche italiane, fondere Fiat con Chrysler, portandola negli Stati Uniti, e poi decidere dove il nuovo gruppo produrrà in Europa (certo non Italia, che ha un costo del lavoro troppo alto e una produttività troppo bassa).
Dunque, come nel caso dellAlcoa, il governo è di fronte ad una secca alternativa: veder andar via unazienda di grande dimensioni con decine di migliaia di posti di lavoro, diretti e dellindotto, che svaniscono, oppure mettere mano al portafoglio, proprio o degli italiani (come nel caso dellalluminio, visto che gli sconti sullenergia vanno sulla bolletta elettrica), e sostenere società e lavoratori (con la cassa integrazione straordinaria).
A parte che i soldi non ci sono e recuperarli significherebbe toglierli da qualche altra parte o far pagare più tasse, la mia valutazione è che sarebbe inutile. Per lItalia lindustria automobilistica non può più essere strategica. Il gap accumulato è incolmabile, o costerebbe troppo colmarlo. E se domani lEuropa dovesse riuscire, finalmente, a ragionare su base continentale, non sarebbe lItalia il luogo eletto alla produzione. Probabilmente neppure la Francia, ma lItalia non di certo.
Lo dico con dispiacere e con la piena consapevolezza delle conseguenze negative di questa scelta. Ma sono convinto non abbia alternative. E che se ci sono risorse pubbliche ed è opportuno che il governo crei le condizioni perché saltino fuori conviene fare altri tipi di investimenti.
Non so quanto ieri il governo e la Fiat abbiano giocato a carte scoperte. Ma mentre Marchionne ha tutto il diritto di bluffare (basta che non si offenda quando qualcuno glielo fa presente), il governo ha lobbligo di essere chiaro e risoluto: meglio nuovi investimenti che aiuti a produzioni decotte.
Sulla Fiat serve chiarezza
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