Oggi alle 10,30 Mario Draghi leggerà nel salone del partecipanti di palazzo Koch la sua sesta e ultima Relazione all’Assemblea annuale della Banca d’Italia, davanti a un parterre di economisti, banchieri e imprenditori. Nella prossima riunione del 24-25 giugno dei capi di stato e di governo europei, infatti, Draghi sarà designato al ruolo di presidente della Bce, dove lascerà il timone il francese Jean-Claude Trichet, il cui mandato scade a fine ottobre.
Lo stesso Governatore in un suo recente intervento ha ricordato che per l’economia italiana i motivi di preoccupazione sono, purtroppo, gli stessi che egli aveva già rilevato cinque anni, nelle sue prime Considerazioni finali. «Una crescita stentata spiegava allora Draghi alla lunga spegne il talento innovativo di un’economia; deprime le aspirazioni dei giovani; prelude al regresso; preoccupa particolarmente in un Paese come il nostro, su cui pesano un’evoluzione demografica sfavorevole e un alto debito pubblico». Oggi più che mai la sfida è quindi quella di riuscire a coniugare stabilità e ritorno alla crescita, badando da un lato al contenimento di quel debito pubblico che come ha spiegato ieri anche l’esperto fiscale del Fondo monetario, comprime il potenziale di sviluppo dell’economia italiana e dall’altro a irrobustire lo sviluppo economico. Se contenere la spesa pubblica è una priorità, è altrettanto importante spendere meglio evitando ad esempio di continuare a ridurre gli investimenti pubblici in infrastrutture, ha spiegato Draghi in passato.
Nell’analisi della Banca d’Italia il problema è il rilancio della produttività totale dei fattori: un modo per dire che è l’intero contesto economico, istituzionale, imprenditoriale che deve recuperare efficienza.
Ma certamente nelle considerazioni che Draghi leggerà questa mattina troverà ampio spazio anche l’analisi di come si presenta il mondo dopo la crisi, il percorso svolto nell’azione di riforma finanziaria internazionale dal quel Financial stability board di cui Draghi è tuttora presidente.
Certamente non mancherà nelle parole del governatore l’omaggio tutt’altro che rituale alla fondamentale funzione di stabilità svolta in questi anni dall’euro e non mancherà un articolato capitolo dedicato alle banche.
È molto probabile poi che Draghi, arrivato alla fine del 2005 in una Banca d’Italia profondamente “ferita” dalle indagini giudiziarie sul caso Antonveneta, spiegherà ai suoi tanti ospiti quale Banca d’Italia egli riconsegna al Paese: il compito che si era dato, riportare Bankitalia all’indiscusso prestigio istituzionale di cui aveva sempre goduto, è stato assolto, dal momento che l’Istituto ha pienamente recuperato l’autorevolezza nello stile di vigilanza e il ruolo storico di alta consulenza neutrale. Ad ascoltare con molta attenzione le sue parole vi saranno in sala almeno due dei possibili candidati alla successione alla guida della Banca.
Al momento, infatti, l’identikit del prossimo governatore porta i tratti di tre figure: il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli ed il componente del board della Bce, nonché ex Bankitalia, Lorenzo Bini Smaghi. All’assemblea di oggi si troveranno insieme sicuramente Grilli e Saccomanni: per tradizione, infatti, il direttore generale del Tesoro siede a fianco del direttorio per la lettura delle considerazioni finali del governatore; dovrebbe essere assente, invece, Bini Smaghi. La nomina del governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del consiglio, previa delibera del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore di Bankitalia.
Stabilità e ritorno alla crescita nelle considerazioni finali di Draghi
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