• venerdì , 22 Novembre 2024

Spettri tedeschi contro Draghi

Mario Draghi sarà il comandante Schettino della moneta unica europea? Con questa domanda retorica si apriva ieri un commento nella pagina culturale della Frankfurter Allgemeine, quotidiano conservatore tedesco di ottima reputazione. Mentre quasi tutto il resto del mondo confida nella capacità del presidente della Bce di salvare l’euro, talvolta chiamandolo «super-Mario» (uno dei due), è ben noto che in Germania alcuni la pensano all’opposto.
Questa volta, tuttavia, è difficile credere ai propri occhi. Sotto il titolo «Bunga-Bunga» e dopo l’accenno al noto naufragio, si ricordano i festini in costume della Regione Lazio, nonché l’arresto per spaccio di cocaina del direttore dell’ufficio postale del Senato. Conclusione: la vita pubblica italiana è irrecuperabilmente corrotta, Draghi è italiano, dunque non potrà che combinare disastri. Difficile non chiamare razzista un ragionamento che attribuisce a tutti gli appartenenti a un popolo le colpe di una parte di esso. Purtroppo non si tratta del primo caso. Nella crisi dell’euro, acquistano dignità culturale in Germania posizioni o nazionalistiche o semplicemente di superiorità e disprezzo per gli altri Paesi. Il fenomeno investe i giornali seri – seri alla tedesca, dunque molto più dei nostri – e non si limita più a politici di second’ordine.
Il governo di Angela Merkel appoggia Draghi. Ma è stato Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, a paragonare Draghi al Mefistofele del Faust di Goethe, quando convince l’imperatore a stampare moneta in eccesso. Ha ragionate idee euroscettiche l’autore dell’articolo di ieri, Dirk Schuemer; il direttore della sezione cultura della Frankfurter Allgemeine, Frank Schirrmacher, è un intellettuale apprezzato, autore di libri tradotti anche in italiano.
Non è il ritorno di un passato lontano. Nella parte nobile, queste posizioni nascono da una giustificata fierezza per i successi del modello economico tedesco. Il guaio è che si irrigidiscono nella difesa di una dottrina economica, quella del rigore monetario, che resta importante, ma che ora quasi tutto il mondo ritiene inadatta alla gravità della crisi. Cosicché, nel condannare il compromesso europeo che costringe la Germania a discostarsene, sentendosi sotto assedio talvolta gli animi si riscaldano e si passa il segno.
E’ parso giustamente assurdo che in Grecia Angela Merkel fosse effigiata in camicia bruna nazista; le responsabilità di gran lunga più gravi sono di chi ad Atene ha governato. Ma se si vuole evitare che ai tedeschi di oggi, educati alla democrazia, si rinfacci un passato in cui non erano nati, occorre da parte loro evitare l’uso di banalità sprezzanti verso i Paesi del Sud, i mediterranei, o nell’insieme i popoli latini, francesi inclusi. Il successo economico della Germania è anche frutto di sacrifici della gente comune, che nell’ultimo decennio ha visto ristagnare il proprio tenore di vita. Nulla vieterebbe ora di distribuirne meglio i frutti. Può venire il sospetto che la parte peggiore del Paese, per non mutare nulla, voglia invece trovare un capro espiatorio fuori dai confini nazionali.
Come italiani, dobbiamo riconoscere che prendersela contro l’Italia è diventato troppo facile, da qualche anno a questa parte. Anche figure come quelle del comandante della Costa Concordia sono purtroppo frequenti nell’antropologia nazionale. Ma proprio perché i festini maialeschi e altri sprechi siamo noi tutti a pagarli con i nostri soldi – non i tedeschi, come qualcuno tenta di raccontargli -, è urgente che finiscano.

Fonte: la Stampa del 2 ottobre 2012

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