• domenica , 22 Dicembre 2024

Spending review inutile. La ricetta per la crescita e’ il federalismo fiscale

Per tagliare gli sprechi e trovare le risorse per il rilancio del Pil basta applicare gli 8 decreti approvati dal governo Berlusconi.

Caro professor Monti, caro dottor Bondi
data la stima che nutro nei vostri confronti e l’amore per l’Italia, vi invio un mio modesto contributo affinché possiate aprire gli occhi sulle vere azioni da intraprendere. Al centro della agenda governativa spopola, in questo momento, l’altisonante spending review, ma in realtà, piuttosto che arruolare «battaglioni di tecnici improvvisati» (i 40mila che hanno scritto in buona fede sul sito della presidenza del Consiglio), basterebbe vedere cosa il precedente governo ha messo in piedi, per rendersi conto che la soluzione, magari, è proprio sotto il vostro naso.
La vera spending review la si fa con l’attuazione del federalismo fiscale e con l’adozione del criterio dei costi e fabbisogni standard nella sanità.
Se, infatti, si decidesse di portare avanti il processo di attuazione della delega sul federalismo fiscale, attuata dal governo Berlusconi, si avrebbe una reale e sistematica razionalizzazione della spesa. Seguendo l’ottimo contributo del professor Luca Antonini, padre del federalismo fiscale e presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, si evince facilmente come il vero risparmio è nel rilancio del federalismo demaniale, è nell’introduzione della certificazione dei saldi di uscita delle amministrazioni a fine mandato, è nell’armonizzazione dei bilanci e in tutte quelle previsioni che la legge delega sul federalismo aveva previsto.
Gli 8 decreti legislativi varati in attuazione della legge delega sul federalismo hanno spianato la strada, quello che vi si chiede è solo di procedere spediti lungo il sentiero della loro attuazione, niente di più. Caro professor Monti, nonostante le belle dichiarazioni d’intenti, alla prova dei fatti, il suo governo sta svilendo la portata del federalismo. L’esempio lampante è l’Imu, tassa originariamente pensata per accentuare l’autonomia di spesa dei comuni. Perché, mi domando, avete pensato bene di impossessarvi della maggior parte delle entrate? Oltretutto, grazie all’effetto congiunto delle rivalutazioni catastali e dell’inclusione nella tassazione della prima casa, le entrate saranno quasi il doppio rispetto a quelle provenienti dalla vecchia Ici. Ebbene, questo non è solo un indebito esproprio che il governo fa nei confronti dei comuni, ma è anche un bluff. Dia ai comuni ciò che è dei comuni, perché l’Imu è, e resta, solo una patrimoniale mal camuffata.
Caro dottor Bondi, mi permette di suggerirle una piccola grande idea? Fabbisogni standard. Rappresentano la reale svolta nella responsabilizzazione dei governanti e necessitano solo di un forte appoggio politico per divenire da subito operativi. Il federalismo, infatti, ha il suo epicentro proprio nella revisione dei meccanismi della spesa pubblica e, attraverso i costi e i fabbisogni standard, si supererebbe lo scriteriato sistema della spesa storica. Questo criterio prevedendo che lo Stato dovesse distribuire le risorse pubbliche in base a quanto l’ente aveva speso l’anno precedente, incentivava, paradossalmente, l’inefficienza e lo spreco. Per cui più un ente spendeva e più gli ritornava indietro. In aggiunta lo Stato interveniva a ripianare, con le risorse di tutti, gli eventuali buchi che si venivano (stranamente) a creare. Sembra una barzelletta, ma se la situazione attuale è critica, lo dobbiamo anche a scelte come questa.
La vera spending review è insita in scelte come queste, come decidere di superare definitivamente il criterio dalla spesa storica per traslare verso i fabbisogni standard soprattutto per gli enti territoriali dove si colloca oltre un terzo della spesa pubblica italiana. Il graduale avvio del processo di efficientamento della spesa di province e comuni e quindi il superamento del criterio della spesa storica, sono due degli adempimenti che, cronoprogramma alla mano, il governo deve attuare nel 2012.
Se le capita, infatti, vada a vedersi su internet il cronoprogramma predisposto dal governo Berlusconi, troverà una serie di date e adempimenti connessi (circa 40 sino al 2016) di implementazione della riforma federalista dello Stato. La avverto però, fummo consapevoli dei nostri mezzi e delle nostre ambizioni, perciò non si spaventi, ma si rimbocchi da subito le maniche, perché credo che siate già in ritardo. Anche qui, comprendo, ma non giustifico. Le anticipo che dovrà, qualora lo voglia, dare seguito all’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio, alla rideterminazione dell’addizionale regionale all’Irpef, alla soppressione della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, eccetera. Sono buono e le risparmio il lungo elenco, ma noi sapevamo di intraprendere un percorso irto e difficile, ma eravamo determinati nel perseguire un così importante obiettivo. Sarei contento se lei dichiarasse lo stesso. Sarei contento se, oltre ad anticipare l’Imu, anticipasse anche tutti gli altri provvedimenti del federalismo, magari evitando di snaturali e svilirli del tutto.
Queste sono le vere scelte obbligate per il governo. Non occorre inventarsi nulla, ma soltanto perseguire le strade giuste, per giunta già spianate.
Occorre solo sapere dove intervenire, come ad esempio nell’ambito in cui più si annidano le inefficienze e gli sprechi, la sanità. È superfluo e ridondante star qui a ribadire quale enorme peso abbia la spesa sanitaria nazionale sul Pil o gli enormi squilibri esistenti fra le diverse Regioni in termini di spesa e di corrispettiva qualità dei servizi offerti; è una lunga e triste storia. Quel che non è superfluo, invece, è ricordare che potenzialmente è un campo illimitato di efficientamento, dove anche grazie agli strumenti messi a disposizione dal federalismo si possono raggiungere risultati, non solo economici, importanti.
Oggi mi sento in vena di regali. Vi cito l’esempio dell’Asl di Salerno, in modo che possiate farne tesoro. Questa Asl, una tra le più disastrate d’Italia, oggi è tornata in equilibrio. Un’azienda che solo un anno fa perdeva 22 milioni di euro al mese, 740mila euro al giorno e che dal 1 gennaio 2009 al 31 marzo 2011, in 27 mesi, aveva perso l’incredibile cifra di 608 milioni di euro (un valore pari all’Imu di alcune Regioni italiane messe insieme, o al valore di 10 ospedali di medie dimensioni). Oggi senza chiudere nulla, senza tagli lineari, ma con un bravo commissario, è in equilibrio, portando un «risparmio» di denaro pubblico, meglio un mancato spreco, di oltre 165 milioni di euro. Non si è trattato di un miracolo, ma di una storia di ordinaria straordinarietà. Si è scelto di puntare sulla responsabilizzazione del personale, sulla trasparenza delle procedure, sul rispetto della legalità. Nulla di strano, nulla di nuovo, solo l’utilizzo di semplici ma efficaci strumenti.
Pensate alle centinaia di Asl e simili che ci sono nel nostro Paese e alle certamente probabili sacche di inefficienza che vi si annidano dentro. Facendo due conti e ipotizzando un risparmio medio dimezzato rispetto a quanto ottenuto nella Asl di Salerno, si avrebbe un risparmio a livello nazionale di almeno 15 miliardi all’anno. Il tutto, soltanto applicando le regole e le leggi esistenti, senza spargimento di sangue, senza versare troppe lacrime, se non da chi con quelle rendite ci campa.
Come l’Asl di Salerno, l’Italia ce la può fare. Evitando di invecchiare nella continua ricerca del coup de theatre, e riprendendo la strada della modernizzazione del Paese, attraverso l’attuazione del federalismo fiscale, attraverso nuove e inusuali parole come meritocrazia,trasparenza,responsabilità.

Fonte: Il Giornale del 7 maggio 2012

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