È meglio l’uovo fiscale oggi o la gallina del lavoro domani? Meglio l’uovo, meglio avere meno tasse subito piuttosto che attuare politiche per ottenere posti di lavoro in futuro. Questa è l’opinione della maggioranza degli italiani, secondo un sondaggio della Swg realizzato per Agorà, una trasmissione di RaiTre. Dovendo scegliere fra le due priorità, il 52% preferisce il taglio delle tasse. E la cosa non sorprende in un Paese in cui la pressione fiscale, per chi le tasse le paga, ha superato il 53%.
Si trovano nell’area del centrodestra e, sorpresa, in quella del Movimento 5 Stelle, i più convinti sostenitori della diminuzione delle imposte: due elettori su tre del Pdl e dintorni e il 58% dei simpatizzanti grillini dicono basta alla super-pressione del fisco. Al contrario, gli elettori del centrosinistra sono in maggioranza (61%) favorevoli alle misure per creare nuovi posti di lavoro. «Il centrodestra – osservano alla Swg, che ha realizzato il sondaggio – è un po’ più in sintonia con il suo elettorato rispetto al centrosinistra».
Nel maggio scorso la stessa Swg aveva sondato gli italiani sull’Imu. Ne era risultata un’amplissima maggioranza del 78% favorevole all’abolizione dell’imposta sulla prima casa. Un’altra conferma dell’insofferenza dei cittadini nei confronti di un fisco sempre più pesante.
Certo, non è facile scegliere quale sia la più urgente tra le due grandi emergenze da affrontare, tasse e lavoro. È presumibile che imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti abbiano indicato il fisco; mentre i lavoratori dipendenti abbiano scelto l’altro corno della fiamma, quello dell’occupazione. Ma non si tratta soltanto di questo. La preferenza per l’uovo fiscale subito è dettata dalla profondità della recessione in atto: anche qualche euro di tasse in meno fa respirare l’impresa, soprattutto quella piccola che non ha più accesso al credito bancario. Le politiche per il lavoro hanno tempi lunghi per sortire effetti, non sempre quelli sperati. Un esempio? L’iniziativa europea per l’occupazione giovanile, decisa dal Consiglio Ue, sarà operativa non prima del gennaio 2014, cioè fra sei mesi. E il miliardo e mezzo per l’Italia, di cui ha parlato il premier Enrico Letta, non arriva tutto e subito: un miliardo nel prossimo biennio, e i rimanenti 500 milioni ancora più tardi.
In fondo, la preferenza per l’uovo fiscale è sintomo di scetticismo sull’efficacia delle misure per il lavoro. Il pedaggio pagato alla recessione è pesantissimo. Gli ultimi dati del centro studi della Confindustria parlano di oltre 700mila posti perduti dal 2007, che diventeranno 814mila a fine 2014. Includendo la cassa integrazione e le riduzioni d’orario, siamo a quota 1,7 milioni di posti «segnati» dalla crisi. Nessuno pensa che questo lavoro perduto possa essere riconquistato per decreto legge. Ecco perché l’unica cosa da fare è la riduzione delle tasse, che gravano sulle imprese e sui lavoratori. Il taglio delle imposte si vede subito sui conti delle famiglie e delle imprese, lo si tocca con mano. La disoccupazione giovanile è un’emergenza nazionale ed europea, ma i tempi per affrontarla sono medio-lunghi. Non è un caso che Angela Merkel abbia avvisato: «Non bisogna creare false attese tra i giovani disoccupati, o ci sarà grande delusione. La lotta alla disoccupazione – ha aggiunto la Cancelliera tedesca – è un processo a lungo termine».
Sorpresa:meglio meno tasse che aiuti per l’occupazione
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