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Soros e i big valutano i rischi della scomemssa

Il tempio del business globale ascolta la ricetta del Professore. «A lungo termine conviene» Riforme Il premier ha spiegato a imprenditori e finanzieri la riforma delle pensioni e le misure per la crescita previste Orgoglio Con pacatezza Monti ha ripetuto che l’ Italia è felice del sostegno di Obama ma che non chiede aiuti economici.
Ieri George Soros se n’ è andato senza fare commenti dall’ incontro riservato della grande finanza con Mario Monti nella sede di Bloomberg. Ma il suo punto di vista l’ aveva espresso qualche giorno fa a Davos: con tassi superiori al 7 per cento quella sui titoli del Tesoro italiani è una scommessa attraente ma molto pericolosa: pura speculazione. Ma se lo «spread» cala, se i tassi scendono al 5 o, magari, al 4 per cento, «l’ Italia può diventare un buon investimento di lungo periodo, forse anche ottimo». Parlando ieri in un incontro riservato nella sede di Bloomberg News a lui e ad altri big di Wall Street (segreta anche la lista dei presenti, ma c’ erano i capi delle grandi banche come Lloyd Blankfein di Goldman Sachs e il celebre finanziere-scalatore Henry Kravis), il premier italiano ha cercato di cogliere i frutti del recupero di credibilità che una raffica di misure di risanamento e l’ avvio di alcune riforme stanno garantendo all’ Italia. Una maggior fiducia che ha cominciato a diffondersi in Europa e che Monti ha toccato con mano anche a Washington, l’ altro ieri, negli incontri avuti col presidente Obama, al Congresso e con vari esponenti della comunità politico-economica della Capitale. A New York, per lui, è stato meno facile convincere i protagonisti del mondo finanziario nei faccia a faccia che ha avuto coi singoli «titani» (come lo stesso Soros che ha già nel portafoglio dei suoi fondi oltre 2 miliardi di euro di Btp) e anche gli operatori di Wall Street che ha successivamente incontrato nella sede dello Stock Exchange in una giornata non felicissima per la Borsa (in lieve flessione), segnata anche dal «downgrading» di 34 banche italiane da parte di «Standard & Poor’ s». Qui Monti ha spiegato a una platea più ampia di imprenditori e finanzieri – e poi in un’ intervista alla Cnbc nel «floor» dello Stock Exchange – le misure fin qui adottate. Si è soffermato sulla profondità del cambiamento del sistema pensionistico, ha illustrato alcune delle misure per la crescita che intende adottare mentre il viceministro del Tesoro Vittorio Grilli ha spiegato che il governo punta a recuperare almeno metà del gettito perduto per evasione fiscale, stimato in circa il 10 per cento del Pil. Cosa essenziale – ha aggiunto – non solo in chiave antidefict, ma anche perché l’ evasione compromette il funzionamento del mercato alterando i suoi meccanismi. Con molta pacatezza Monti ha ripetuto che l’ Italia è felice del sostegno che sta avendo anche da Obama ma che non chiede aiuti economici. E a chi teme che dopo l’ esperimento del governo tecnico tutto torni come prima ha risposto che la crisi ha cambiato l’ atteggiamento del popolo italiano e anche quello del sistema politico. E, poiché il costo politico delle riforme ricade tutto sulle spalle dell’ attuale governo tecnico, quando la responsabilità dell’ esecutivo tornerà nelle mani dei partiti questi non avranno alcun interesse a disfare quanto fin qui realizzato. Che, nel frattempo, dovrebbe cominciare a far sentire i suoi benefici in termini di ripresa e incremento del reddito. Dopo il successo di Washington, Monti ha convinto i suoi interlocutori anche a New York? Difficile dirlo: i finanzieri sono molto più pragmatici, ma il cambio di umore sull’ Italia è stato evidente fin dalla qualità e dal numero dei personaggi che sono andati a incontrare il premier italiano. Vista da un’ America che sta diventando una «democrazia» bloccata o una «vetocrazia», per usare il termine coniato da Francis Fukuyama, quella imboccata da Monti sembra una strada interessante e percorribile, anche se il suo non è, di certo, un modello pienamente esportabile al Congresso Usa.

Fonte: Corriere della sera 11 febbraio 2012

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