“Siete pregati di essere molto pazienti perché anche questo mese non pagano lo stipendio”. La scritta mi accoglie su una parete del pronto soccorso del Fatebenefratelli all’ Isola Tiberina, un ospedale storico della Capitale. Sono venuto a cercare un amico medico per farmi spiegare taluni punti dell’ ultima riforma sanitaria ma di fronte alla constatazione che anche i frati sono rimasti a secco perché la Regione Lazio seguitaa non pagare le sue fatture, rinuncio ad inutili approfondimenti teorici. Del resto tutti i pronti soccorsi del Lazio sono allo stremo. In questo quadro il decreto legge vantato dal ministro Balducci suscita amare risate più che attente disanime. Il punto centrale sono gli studi medici per le cure primarie aperti e funzionanti per 24 ore al giorno, collegati all’ ospedale di riferimento, presidiati da sanitari delle più importanti specializzazioni, dotati di supporto informatico con l’ organizzazione di brevi periodi di ricovero e di cure a domicilio. In tal modo si decongestionano i pronti soccorsi e si permette all’ ospedale di espletare i suoi compiti di emergenza e di alta specializzazione. In verità questo principioè stato affermato in tutti i disegni di riforma degli ultimi anni che indicavano nel passaggio della medicina dall’ ospedale al territorio la chiave di volta per affrontare le contraddizioni più stringenti. Se questo disegno strategico non ha mai visto attuazione è perché assoggettato a condizioni di difficoltà troppo ardua, la prima delle quali costituita dalla assenza di stanziamenti sufficienti. L’ altro ostacolo è rappresentato dalla necessaria chiusura dei piccoli ospedali, da cui dovrebbero derivare i risparmi indispensabili. Ma operare in questa direzione si scontra con resistenze della popolazione, delle categorie e dei sindacati di difficilissimo superamento. Tanto più al giorno d’ oggi in cui i profitti di regime sperperati dai gruppi dirigenti regionali sono andati oltre ogni sopportazione dei cittadini. Quanti pronti soccorsi o presidi territoriali si sarebbero potuti edificare e far funzionare con i 140 milioni di euro l’ anno ingoiati dal consiglio dalla Regione Lazio? Balducci non teme tutto ciò: «Il governo ha detto alle Regioni di ridurre i posti letto e la quota risparmiata verrà usata per la medicina sul territorio. Adesso spetta alle regioni fare la loro parte, possono boicottare tutto ma si debbono assumere la responsabilità. Per ora hanno risposto in modo inconsistente, pretendendo che lo Stato dia i soldi senza comandare». C a m b i a n d o a r g o m e n t o un’ altra delle trovate del ministro consiste nell’ obbligo di derivazione sovietica di qualificare il prodotto non con il proprio marchio di fabbricazione ma con l’ indicazione del principio attivo (ad es. lansoprazolo in luogo di Lansox) una misura che non comporta alcun vantaggio per lo Stato, che sostiene già oggi il solo costo del medicinale a prezzo più basso, e quindi una ulteriore incentivazione per i generici avrebbe solo l’ effetto di infliggere un ulteriore colpo alle aziende che impiegano ancora 65.000 addetti contro un migliaio che fabbricano generici. Un’ ultima osservazione riguarda le nomine, il canale protetto attraverso cui la politica controlla e inquina la sanità. Le tante battaglie in merito non hanno scalfito il potere mafioso e politico nel settore. Il governo tecnico non è da meno. Il segretario nazionale Cgil Medici, Massimo Cozza, ha dichiarato: «La scelta dei primari verrebbe finalmente fatta da una commissionei cui membri sarebbero sorteggiati ma il buon proposito viene subito azzoppato nel far scegliere al direttore generale – di nomina politica – il vincitore nella terna indicata dalla commissione. Così la professionalità è ancora nelle mani della cattiva politica, non della buona». Come il prossimo scandalo ci confermerà.
Fonte: Repubblica del 24 settembre 2012Siate pazienti mancano i soldi
Settembre 24th, 2012
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L'autore: Mario Pirani - Socio alla memoria
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