La bozza del Consiglio europeo del primo marzo invita le capitali a rivedere i sistemi impositivi continentali. Novita’!
Riforma fiscale, sì grazie. La chiede anche l’Europa, a tutta l’Europa. E’ una politica che «può contribuire al consolidamento di bilancio e alla crescita». I margini ci sono, è la convinzione di Bruxelles. Al punto che, nella prima bozza di conclusioni del vertice europeo che si apre il primo marzo, la manovra sulle entrate diventa un quintetto di imperativi quasi categorici: «Rivedere i sistemi di imposizione per eliminare ogni esenzione non giustificata; allargare la base imponibile; ridurre la pressione sul lavoro; migliorare il sistema di raccolta delle gabelle; stringere sull’evasione». Ognuno può scegliere il proprio cocktail di misure, è il messaggio. A patto però che non si perda altro tempo.
E’ una novità importante. La gestione dell’Irpef e delle sue sorelle imposte dirette è una prerogativa che i Trattati hanno lasciato alle capitali, a differenza di quanto deciso per le indirette, come Iva e accise. Ora, però, l’esigenza di rilanciare la crescita e rendere il più breve possibile la seconda caduta recessiva impone almeno un appello all’utilizzo del buon senso nella gestione delle entrate, anche perché i margini per tagliare le uscite si stanno via via assottigliando. Indirettamente è un sostegno al piano messo in cantiere dal governo Monti che domani vara il decreto sulla semplificazione. Certo è un invito collettivo a fare di più. «Mentre si vanno consolidando i conti pubblici – si legge nel testo peri leader di cui La Stampa ha visto una copia -, un’attenzione particolare deve essere rivolta a rendere prioritaria la spesa che costituisca un investimento per il futuro».
La preoccupazione per la congiuntura è alle stelle. Sta-mane la Commissione Ue diffonderà le sue previsioni economiche per il 2012 e il 2013, fotografando un’Europa in recessione e contagiando le capitali con la paura che i piani di aggiustamento di bilancio messi sinora in cantiere possano presto non essere più sufficienti. Nessuno si attende nulla di buono. La Bce ha indicato un consenso su un pii Ue in arretramento di 0,1 e una ripresa molto lenta nella seconda parte del 2012. I dati di Bruxelles dovrebbero essere peggiori, per prodotto e inflazione. Di qui l’esigenza di lavorare sulla crescita. La bozza del Consiglio indica il percorso, avverte che lo sforzo per realizzare la Strategia “Europa 2020” è «stato sinora insufficiente» e fissa tre grandi priorità da non mancare. E da coordinare nei forum internazionali, il G8 come il G20. Occupazione. I giovani, prima di tutto. Ma non solo. Si auspicano meno vincoli per il mercato unico del lavoro, creazione di posti e gestione delle risorse. Più mobilita geografica. In «stretta cooperazione con le parti sociali», i governi dovrebbero «limitare i vincoli alle assunzioni, soprattutto intervenendo sui meccanismi di formazione dei salari, sulla definizione dei compensi e rimuovendo gli ostacoli alla creazione di nuovi posti». Innovazione. Si chiede un pieno impegno a completare l’area della Ricerca Ue entro il 2014; ad agevolare la circolazione e le carriere dei ricercatori; a valorizzare i diritti delle proprietà intellettuale. Torma l’invito a non applicare il rigore a questo settore cruciale per il futuro. Sono i tagli intelligenti che Bruxelles invoca da parecchi mesi.
Banche e dintorni. «Completare la riforma dei mercati finanziari al più presto», si legge nella bozza. Approvare i nuovi requisiti di capitali entro giugno, varare la riforma delle agenzie di rating «al più presto». II testo chiede anche «rapidi progressi» nell’esame della tassazione delle rendite finanziarie, l’amata-odiata Tobin Tax. Difficile quanto necessario. «Il sostegno della fiducia dei cittadini nel sistema richiede il rafforzamento degli attivi bancari», si sottolinea. L’economia frenata comanda che si intervenga per assicurare la circolazione della liquidità sui mercati e per le imprese.
Si a un nuovo eurofisco
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