• venerdì , 18 Ottobre 2024

Servizi pubblici, i danni dei due referendum

Adesso, per favore, chi ha rotto il giocattolo lo ripari, prima che venga distrutto del tutto. Di cosa parlo? Il balocco è il sistema dei servizi pubblici regolamentati dalla legge Ronchi oggetto dei due referendum falsamente intestati all’acqua ma che in realtà hanno riguardato anche i trasporti pubblici, i rifiuti, gli asili, le strade, la luce, il gas e molto altro ancora. E quanto ai “bambini cattivi”, mi riferisco sia ai vincitori che ai perdenti di quel referendum. Al centro-sinistra, e in particolare al Pd, che ha inopinatamente abbandonato la strada delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali e della privatizzazione delle loro gestioni per motivazioni puramente politiche (senza neanche portare a casa il risultato, il Cavaliere è ancora lì). E al centro-destra, che per codardia e incapacità di parlare chiaro agli italiani, ha lasciato il campo prima ancora di giocare la partita. Con una doppia conseguenza negativa: creato un vacuum legislativo che sarà complicato colmare, ma soprattutto aver spianato la strada a chi – segnatamente i promotori “movimentisti” del referendum – propone di trarre dal voto l’obbligo di trasformare le società per azioni che detengono le concessioni, a prescindere dal fatto che chi le possegga sia o meno privato, in soggetti di diritto pubblico privi di scopo di lucro. Un’idea insensata, che finirebbe per fare disastri: distruggere società quotate con migliaia di piccoli azionisti; impedire di realizzare gli oltre 100 miliardi di investimenti nei prossimi dieci anni che la rete idrica abbisogna, visto che i Comuni non hanno soldi e che agli eventuali investitori privati non solo se non si garantiscono profitti ma gli si impedisce di esistere; far tornare indietro il Paese che pure si era avviato, nonostante i molti mal di pancia, sulla strada di far entrare un po’ di mercato in un mondo, quello dei servizi pubblici locali, da sempre oggetto di cattiva gestione di stampo partitocratico. Ma quest’idea, cari riformisti senza coerenza e cari moderati con la pressione bassa, non può certo definirsi una sorpresa, dato che sono anni che il Forum dei Movimenti ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta da 400 mila firme che va esattamente in quella direzione. Uno dei loro cantori, Carlin Petrini di Slow Food, ha detto chiaro e tondo che ci vuole una “gestione pubblica in mano ai cittadini-lavoratori, secondo nuove forme di democrazia partecipata, finanziata oltre che dalla tariffa, dalla fiscalità generale e dalla finanza statale”. Sfido un qualsiasi amministratore locale, a qualunque partito appartenga, a dirmi se e come questa sia una strada percorribile. Governatore della Puglia compreso, visto che nonostante il referendum Vendola si è guardato bene dal tagliare la tariffe di quel 7% di profitto che ha voluto far abolire.
Allora, mettiamoci subito una pezza. Intanto stabiliamo un regime transitorio, nel quale le tariffe approvate con i piani triennali delle singole ATO rimangano valide fino a scadenza. Quindi si riscriva la norma, dando la possibilità di una remunerazione variabile che rifletta i costi del capitale e del debito e favorisca gli investimenti, affidata alla discrezionalità dell’authority. Che va creata in seno alla già esistente autorità per l’energia. Prima che il giocattolo vada in mille pezzi.

Fonte: essaggero del 3 luglio 2011

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