• lunedì , 23 Dicembre 2024

Se nessuno ricorda cos’era

L’indecorosa iniziativa di far suonare a Sanremo «Giovinezza» e «Bella ciao» è stata saggiamente bloccata dal CdA della Rai, eppur tuttavia sento il bisogno di spendere ancora qualche parola perché il tentativo rivela, a me pare, qualcosa di più pericoloso di una vassallata in chiave musicale. I commenti che abbiamo letto, tranne quello di Michele Serrae di pochissimi altri che si sono soffermati sull’inammissibilità della ricorrente equiparazione tra nazi-fascisti e patrioti, ebbene quasi tutti gli altri hanno affrontato «il montare della piccola polemica sanremese», come una inutile «querelle». Il culmine della faccia tosta lo ha toccato il ministro della Difesa, La Russa, che «in nome dei milioni d’italiani» i quali durante il ventennio intonarono «Giovinezza» ha proclamato di «non avere più la coda di paglia». Certamente se non la coda di paglia denota il sollievo di chi, ormai libero di rinnegare il lavacro di Fiuggi, può di nuovo inalberare i simboli del regime mussoliniano. Non sarà Berlusconi a redarguirlo. Ma il discorso non si ferma qui. Quanti hanno parlato di «inno goliardico», di un revival sonoro dove accanto a «Potessi avere mille lire al mese» andavano ascoltati con lo stesso spiritoi «refrain» dei giovani fascisti e i cori partigiani, ebbene costoro, fra cui tanti probabilmente in buona fede, non sapevano quel che andavano dicendo, perché nati poco prima o dopo la caduta del regime. Mentre oggi, in realtà, solo gli ultra ottantenni, per averla ai loro tempi ascoltata obbligatoriamente in piedi e sull’attenti sanno che «Giovinezza» non era affatto una canzone giovanilistica ma l’inno nazionale dell’Italia fascista, le cui note risuonavano in ogni occasione ufficiale, immediatamente in sequenza dopo le prime battute della «Marcia reale», che fungeva da brevissima ouverture. Per aver rifiutato di eseguirla alla Scala e al Comunale di Bologna, Arturo Toscanini – come ha ricordato Vittorio Emiliani in una letteraa “Repubblica” – venne schiaffeggiato dalle camicie nere e per protesta emigrò negli Stati Uniti. Voler reintrodurre «Giovinezza» non è, quindi, prova di vacua leggerezza ma un artifizio per presentare un paradigma politico mass-mediatico che tende a riportare in auge i simboli, gli inni e quant’altro è recuperabile in chiave fascista, al fine di distinguere Storace e gli ex colonnelli, dal «traditore» Fini. In questo quadro gli inni, le celebrazioni della X Mas, le lezioni di negazionismo e quant’altro fanno parte di una squallida messa in scena ad uso politico. Un paragone su cui riflettereè quello tedesco. Anchea Berlino l’avvento di Hitler segnò una variazione nell’inno nazionale. Il «Deutschland, Deutschland ueber alles» («Germania, Germania sopra ogni cosa»), su musica composta da Haydn, dopo il 1933 venne accompagnato, in sequenza a mo’ di completamento politico, dallo «HorstWessel-Lied», il canto delle SS e del partito nazista, assurto anch’esso al rango di inno nazionale. Dopo la disfatta di Hitler la Repubblica federale adottò il vecchio Deutschlandlied, vietandone, però, la prima strofa, quella della Germania «sopra tutti nel mondo», cantare la quale è considerato reato, così come è considerato reato, non solo ogni forma di ricostituzione di un partito nazista, ma anche il saluto a braccio teso e l’esposizione di ogni simbolo evocante il regime ed i suoi organi. Fin nei dettagli: i modellini degli aerei del Reich della Seconda guerra mondiale, costruiti in GB e in Usa, portano in tutto il mondo la svastica sul timone, tranne quelli destinati al mercato tedesco, dove la vendita con l’insegna hitlerianaè proibita. Come è noto la Germania è un paese serio e la democrazia è vissuta anche come un dovere. Così la grande maggioranza degli elettori, per quanto moderati, non tollera connubi con le formazioni di estrema destra. e crede nell’art. 1 della Costituzione che recita: «La dignità della persona umana è inviolabile e al suo rispetto va subordinato l’esercizio di ogni potere».

Fonte: Repubblica 8 novembre 2010

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