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Se la moussaka va a male

I ministri economici dell’Eurogruppo cercano di salvare Atene. E’ il teatro di strada delle dichiarazioni,dove lo stare zitti è il comportamento meno diffuso.
Jean-Claude Juncker ammette che, con la Grecia, l’Europa «sta giocando con il fuoco». Poi, come se avesse dimenticato all’istante il suo pensiero, aggiunge che un default ellenico «potrebbe colpire Belgio e Italia, ancora prima della Spagna, per colpa dell’elevato debito». Il risultato è che il leader dell’Eurozona finisce per mettere un altro barile di benzina vicino al falò sul quale danza un’Ue che ha poche ore per chiudere il conto con la crisi greca. Stasera si vedono a Lussemburgo i ministri economici della moneta unica, costretti a decidere. Per salvare Atene, stabilizzare la loro valuta, impedire l’effetto domino ed evitare che, domani, la speculazione si scateni con facili scommessa al ribasso.
«L’Europa troverà un modo per sostenere la Grecia», ha detto il premier spagnolo José Luis Zapatero a San Pietroburgo. A Bruxelles, fonti europee assicurano che «si stanno facendo progressi verso un compromesso» a vantaggio di Atene che dal 15 luglio non sarà più in grado di far fronte ai propri impegni e, come afferma la troika Commissione-Fmi-Bce nel rapporto ai ministri dell’Eurogruppo, «non potrà andare sul mercato sino a tutto il 2012». Il contenuto appare scontato. Si tratta di confermare la quinta tranche del pacchetto Ue-Fmi del 2010 (12 dei 110 miliardi decisi un anno fa) e mettere in piedi un secondo piano, fra 45 e 80 miliardi. Il problema sono le condizioni. Lo sa anche la Russia che risulta aver offerto 15 miliardi al Fmi per dare ossigeno all’Eurozona.
Qui occorrono numerose decisioni politiche e Jim O’Neill, chairman di Goldman Sachs Asset Management si diverte a definire la trattativa come «un teatrino di strada». La prima mossa spetta ai greci e al nuovo governo del premier Papandreou. A fronte degli aiuti devono risanare e privatizzare, sottoponendo il paese ad una prova di sforzo senza pari in tempi di pace. «Per superarla, la Grecia deve approvare delle leggi – nota una fonte -, dunque ha bisogno di una maggioranza compatta, se non di un governo d’unità nazionale». Ipotesi, quest’ultima, più improbabile di un voto anticipato.
Pe fare in fretta, Juncker ha convocato l’Eurogruppo oggi, anticipando la riunione in programma domani. La mossa ha rischiato di diventare un boomerang, visto che il rimpasto greco non assicurava la presenza del neoministro Evangelos Venizelos e faceva temere un rinvio. Invece il cassiere di Papandreou sarà nel Granducato, pronto a giurare sulla buona fede dei suoi tagli e riforme. Il boccino passa così agli europei, sul cui fronte non latitano i dissidi.
Per iniziare si deve convincere il Fmi firmare la quinta tranche greca ai primi di luglio. L’arresto del direttore Dominique Strauss Kahn ha complicato la trattativa, perché il francese considerava la decisione “politica”, mentre il reggente John Lipsky la vedeva “tecnica”, la voleva condizionata al salvataggio bis. A margine del G8 di Deauville se n’è parlato parecchio e l’americano, raccontano a Bruxelles, ha lentamente cambiato avviso.
Si dà dunque (quasi) per sicuro che il Fmi non porrà ostacoli e dirà si a inizio luglio. Da mettere a fuoco sulla linea Berlino-Bce, l’esigenza di Frau Merkel di portare al Bundestag un accordo greco che veda la partecipazione anche dei privati, cioè banche e fondi. L’Eurotower non lo vuole volontario e volontario sarà. Il compromessi che si studia è «Vienna Plus», con l’intesa del 2009 per l’Europa dell’est. «Con la sostanziale partecipazione dei privati», insiste la Merkel, mentre il capo dell’Eurogruppo invita «a essere prudenti». «L’accordo si farà», giurano a Bruxelles, perché sempre la Merkel assicura che «un default sarebbe incontrollabile». Non risolverebbe il problema strutturale di Atene e farebbe tremare molti europei. Italia e Belgio per primi, secondo Juncker, che avrebbe fatto bene a tacere.

Fonte: la Stampa del 19 giugno 2011

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