• domenica , 8 Settembre 2024

Se il paere non sa vedere il futuro

Non è un caso se per ben due volte nel giro di un mese il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sollecitato la nomina del ministro dello Sviluppo economico. Anche se non basta certo una persona, per quanto autorevole e competente, a sbloccare quello che è il vero problema dell’economia italiana: la difficoltà a programmare investimenti a lungo termine.
Se la crescita è asfittica, se i disoccupati, soprattutto giovani, non diminuiscono, se tante imprese, in particolare quelle piccole, sono ancora in bilico tra sopravvivenza e fallimento, è perché manca un “progetto”. È vero che il sistema ha tenuto, come ripete con orgoglio il governo, anche meglio di altri, senza far esplodere il deficit pubblico. Ed è ingiusto dire, come fa l’opposizione nel quotidiano balletto delle dichiarazioni, che di economia il centro-destra non si occupa. In realtà i cantieri aperti sono molti: all’Economia il federalismo, al Welfare il piano triennale del lavoro, il nuovo statuto dei lavoratori, la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese, la riforma del welfare. Su università e pubblica amministrazione qualche risultato già si è visto.
Il problema, però, è che l’Italia continua a crescere con l’handicap. E sembra incapace di scommettere su se stessa. Con investimenti in grado di dare subito una piccola spinta congiunturale ma soprattutto di garantire, tra qualche anno, un vantaggio all’economia italiana o, quanto meno, di recuperare qualcuno degli svantaggi che si porta dietro.
Non è solo l’effetto della mazzata arrivata con la recessione. C’è qualcosa di più profondo che impedisce di affrontare con coraggio progetti mirati a costruire un futuro più solido. Da un lato c’è la mancanza di fondi pubblici, destinati a evitare la crisi sociale e a impedire che il debito, già a livelli troppo elevati, cresca ancora e scateni devastanti ondate speculative a danno dell’Italia. Dall’altro c’è la fragilità degli assetti proprietari delle (poche) grandi imprese, pubbliche e private, sopravvissute.
La somma di questi due fattori produce un risultato evidente: mancano i protagonisti, personaggi carismatici capaci di creare fiducia intorno a una iniziativa di grande respiro, di mobilitare risorse, di non farsi spaventare dagli gnomi dei mercati finanziari.
C’è bisogno di protagonisti, quindi. Uno dei quali potrebbe, anzi dovrebbe, essere il futuro ministro dello Sviluppo economico. E per questo Napolitano fa bene a insistere sull’urgenza della nomina. È dagli uffici di via Veneto che si può mettere in moto il processo.
Qualche esempio? Il piano per il nucleare. Si può essere d’accordo o no sui rischi per la sicurezza, ma la costruzione delle centrali rientra tra i progetti strategici. Non prevede l’impiego di fondi pubblici. Eppure tutti gli adempimenti previsti per la realizzazione del piano, dall’insediamento dell’Agenzia all’individuazione dei siti, sono in ritardo di un anno. Enel ed Edf hanno fatto la loro parte,il governo no.
Un altro esempio è la diffusione della banda larga con una rete di cavi a fibra ottica. Si procede in ordine sparso, con le imprese del settore divise tra loro e il governo assente. Eppure sarebbe possibile sfidare il mondo e candidarsi una volta tanto a essere all’avanguardia con una rete superveloce. Lo stato potrebbe fare la sua parte con la Cassa depositi e prestiti. Il mercato finanziario potrebbe trovare interessante investire in obbligazioni garantite con un rendimento a lungo termine di poco superiore a quello dei titoli pubblici (si veda il Sole 24 Ore del 27 gennaio).
Non ci sono solo gli stati di crisi da gestire. E nessuna persona di buon senso vuole riempire delle buche solo per far passare all’economia la nottata della recessione. Bisogna guardare avanti investendo con giudizio soldi privati e soldi pubblici. Magari con l’avvertenza di non farne prelevare una parte alle “cricche” di turno.
Le medie imprese esportatrici hanno saputo reagire ma non riusciranno, da sole, a ridare all’economia lo slancio che serve per dare un lavoro a chi non lo ha. Servono mercati ben regolati e vigilati, trasparenti e concorrenziali. Servono infrastrutture efficienti e una Pubblica amministrazione non oppressiva. Ma serve anche chi sappia guardare al futuro con il cannocchiale e non con le lenti da miope.

Fonte: Sole 24 Ore del 3 settembre 2010

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