• martedì , 24 Dicembre 2024

Se il dettaglio e’ la strategia

Ora che siamo ben vaccinati dall’applicare l’entusiasmo calcistico alle questioni europee, possiamo guardare ai risultati “italiani” del Consiglio europeo senza spirito da tifosi. Per quanto riguarda l’Italia la novità emersa da Bruxelles è forse che il pericolo maggiore, il fallimento improvviso o casuale di un’asta dei titoli pubblici, è stato allontanato.
Si è sempre detto: basta che un’asta vada male e viene giù tutta la casa. Ma venerdì il Consiglio Ue ha confermato che le regole di attivazione dei fondi del meccanismo di stabilità (Esm) saranno modificate in modo da consentirne un utilizzo flessibile ed efficiente per rassicurare i mercati. Dunque, nel caso di un incidente a un’asta, il fondo di stabilità potrà finanziare il debito con acquisti di titoli nel giro di poche settimane, seguendo una procedura di assistenza più agile di quella a cui hanno fatto ricorso Grecia, Irlanda e Portogallo.
L’obiezione secondo cui i fondi disponibili sono pochi, circa 200 miliardi di euro, non è decisiva se il problema è soprattutto quello di assorbire gli incidenti in singole aste nei prossimi due anni. Inoltre, in un colloquio, la cancelliera Markel ha annunciato forme di garanzia e di leva che aumenteranno il volume dei fondi e i cui dettagli sono (ancora…) allo studio.
L’acquisto di titoli che sta a cuore all’Italia è stato concepito e battezzato come un rafforzamento della stabilità del l’area euro. Il bersaglio è cioè giustamente la natura sistemica della crisi finanziaria, più che l’indisciplina di alcuni Paesi. Questo tuttavia significa che non sarà un vero scudo anti-spread, né tanto meno un aiuto al singolo Paese, nemmeno nel caso in cui i tassi d’interesse siano tanto alti da rendere il debito insostenibile sul lungo termine. Non sarà quindi dal l’Esm che verrà una sistematica riduzione dei tassi italiani.
E’possibile che togliere dal tavolo il rischio di default improvviso riduca il premio al rischio sul debito italiano. La discesa dello spread subito dopo il vertice sembra indicarlo. Ma è difficile che sia sufficiente a cambiare la debolezza di fondo dell’Italia e dell’eurozona. Il danno di credibilità subito dalla moneta comune in quattro anni di peggioramento della crisi non può essere dimenticato in un battito di ciglia. L’uscita attuale dei capitali dai Paesi deboli non dipende solo da scelte di portafoglio di investitori speculativi che possono essere altrettanto veloci nel rientrare sul mercato, ma dipende dalla paura di decine di migliaia di risparmiatori. Rimuovere la paura di una massa di individui è come cambiare il letto di un fiume, richiede tempo e volontà rocciosa.
Per capire che cosa serve al l’Italia, bisogna guardare i dettagli della procedura di attivazione in caso di richiesta di aiuto. Le linee guida dell’Esm distinguono da sempre tra strumenti di intervento diversi: programmi completi di assistenza, programmi precauzionali, ricapitalizzazione delle banche, acquisti in asta o sul mercato dei titoli. In caso di intervento su banche o mercati dei titoli, non è previsto un intervento del Fondo monetario (che d’altronde non ha competenze particolari al riguardo). Negli interventi per la stabilità del mercato finanziario intervengono dunque solo la Bce e la Commissione europea, che verificano che il Paese che richiede l’aiuto stia rispettando le raccomandazioni della Commissione. Se non le rispettasse avrebbe infatti bisogno di un programma di assistenza come quelli di Grecia, Irlanda e Portogallo. Da quest’anno le raccomandazioni della Commissione sono rafforzate e più incisive e sono intese come una base di coordinamento politico. Se il Paese è in linea, Commissione e Bce stendono un memorandum d’intesa che non viene negoziato perché si basa appunto sulle analisi e sulle raccomandazioni già esistenti della Commissione. Agli impegni viene però assegnato un preciso calendario e una verifica continua, per eseguire la quale non è necessario inviare una missione nel Paese assistito. Secondo il presidente della Commissione Barroso, che ne ha a lungo parlato durante il vertice con l’aiuto di grafici, la verifica si concentrerà sugli indicatori di competitività e in gran parte sul costo del lavoro. Al vertice di venerdì si è ribadito inoltre che il Paese che sottoscrive il memorandum si impegna non solo a rispettarne in pieno il contenuto, ma anche le scadenze, senza possibilità di riaprire il negoziato.
C’è ovviamente un po’ di contraddizione. Se il Paese richiedente l’aiuto è già in linea con le richieste della Commissione, l’intervento non dovrebbe essere punitivo o premiale per il Paese stesso, ma di correzione dei mercati. Sono infatti poco convincenti le minacce di Olanda e Finlandia di far mancare l’unanimità necessaria all’approvazione dell’acquisto di titoli, dato che per attivarlo è necessario riconoscere che il Paese ha fatto il suo dovere. Tuttavia è molto probabile che ogni giudizio sulla richiesta di un Paese indichi che il Paese è solo “in buona parte” in linea con gli impegni e che quindi l’aiuto sia condizionato a un’accelerazione delle riforme. Chi conosce i memorandum dei Paesi sotto assistenza sa che essi sono pluriennali, dettagliati e penetranti e che implicano un elevato grado di perdita di sovranità.
Ma se questa è la preoccupazione, allora c’è un rimedio: anticipare l’Europa anziché attenderla. Si scriva fin d’ora in Italia un “memorandum” ambizioso, rispettoso delle preferenze del Parlamento, ma con scadenze fisse da rispettare per i prossimi tre anni. Se il Parlamento non è in grado di farlo, forse perdere la sovranità non sembrerà tanto grave.

Fonte: Sole 24 ore del 3 luglio 2012

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