Un interessante segnale di novità arriva da Prato grazie a una ricerca «sui processi di mobilità sociale dei cinesi» in città presentata dalla locale Camera di commercio e di cui ha parlato il Corriere Fiorentino.
Quella che tutti finora hanno considerato una comunità chiusa e impermeabile agli influssi esterni in realtà non lo sarebbe fino in fondo. I ricercatori che hanno studiato gli abitanti della Chinatown pratese ci parlano di un processo che potremmo chiamare di «secolarizzazione» che riguarda identità e stili di vita.
È sicuramente interessante annotare, ad esempio, come i cinesi di Prato provino un certo imbarazzo nei confronti di amici e parenti rimasti nella madre patria che grazie ai blog sono venuti a conoscenza delle condizioni di schiavitù in cui lavorano in Italia sotto padrone cinese molti connazionali.
Più in generale i processi di differenziazione evidenziano, secondo la ricerca, la nascita di una sorta di ceto medio sino-pratese composto da professionisti e commercianti portatori di un «sistema valoriale ibrido» nel quale coesistono tradizione asiatica e modernizzazione occidentale.
Il nuovo ceto medio non frequenta solo i negozi etnici ma cerca lacquisto distintivo nei punti vendita gestiti da italiani vuoi per sottolineare il raggiungimento di uno status sociale diverso vuoi per sentirsi parte di una comunità di consumatori globali.
Dalle attività manifatturiere del tessile la classe media si sposta verso il terziario e via via alla mera accumulazione di denaro comincia ad affiancare la ricerca di un riconoscimento sociale da parte della comunità pratese.
Secondo lo scrittore Edoardo Nesi questo processo di mobilità culturale non sta coinvolgendo solo le nuove generazioni ma gradualmente anche «il salotto buono dei cinesi», ovvero la borghesia asiatica che detiene saldamente il controllo del distretto tessile parallelo.
Da parte dellopinione pubblica locale lauspicio è che questi segnali portino in un futuro non lontano alla discontinuità con le note pratiche illegali in materia fiscale e di lavoro, ma in questo campo le tracce di novità sono, per ora, decisamente più deboli.
Se i (nostri) cinesi hanno voglia di cambiare
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