• martedì , 3 Dicembre 2024

Scommessa eurobond

Economia desolata.Bruxelles gioca la carta del debito comune. Berlino dice no. Ma non dura…..
Antescriptum. Facciamo una scommessa? Al massimo entro il 2015, ma probabilmente prima, l’Europa avrà gli eurobond o non sarà. La Germania li accetterà subito dopo le elezioni del 2013. E l’Unione monetaria sarà più forte o non sarà.
Josè Manuel Barroso sfodera un aggettivo dickensiano per dire come va l’economia, la definisce «bleak», desolata. Come se non bastasse, il presidente della Commissione Ue aggiunge che ora «i rischi sono più grandi, c’é meno fiducia e la ripresa è in stallo». Gli danno pensieri le cattive pagelle delle capitali nell’attuazione del Piano 2020 per la crescita, come la tempesta sui debiti sovrani che si espande a macchia d’olio. La sua soluzione ha due facce. Gli stati facciano ordine in casa con decisione. Poi accettino che la risposta è «più Europa». «Se non rafforziamo il governo dell’Eurozona – avverte il portoghese -, verrà un tempo in cui sarà difficile, se non impossibile, sostenere l’euro».
Mancano le buone notizie, traballa la tripla A francese e i tedeschi faticano a vendere i loro bund. La Commissione prova stringere i tempi, anche se tutto sembra cozzare con le difficoltà latenti dei due sinora motori dell’Ue, Parigi e Berlino. La durezza con cui la cancelliera Merkel condanna prima che s’inizi il dibattito sugli eurobond – strumento auspicato da molti per mutualizzare anche solo in parte i debiti europei – fa sospettare un eccessivo nervosismo per la situazione interna e no. Dice che «non funzioneranno», e Barroso si inalbera: «Bisogna discuterne senza dogmi. Come si fa a bocciare un cosa che non è stata proposta?»
In attesa della risposta alla domanda retorica sui ribattezzati Stability Bonds – magari già il 9 dicembre al vertice Ue -, Bruxelles continua a produrre proposte e spunti di iniziativa. Ieri ha messo sul tavolo due regolamenti rivoluzionari, perché consolidano il coordinamento e la vigilanza sulla politica fiscale, spostando dal livello nazionale a quello comunitario una parte significativa di sovranità. «Se si vuole continuare ad avere la moneta unica serve più integrazione – ha assicurato Barroso -. Altrimenti si può lasciare tutto agli stati che, con tutto il rispetto, non sono sempre all’altezza».
Il presidente francese Sarkozy ha chiesto ieri misure di maggiore integrazione fiscale per l’Europa. Anche lui è in allarme. Basterà che spinga in Consiglio il doppio piano dell’esecutivo per le leggi di bilancio: ogni paese dovrà presentare la bozza di finanziaria entro metà ottobre; Bruxelles esprimerà le sue valutazioni; il governo e il parlamento dovranno recepirle; in caso contrario, la Commissione potrà emendarle e chiedere una seconda lettura, pena sanzioni anche finanziarie. I paesi vigilati saranno visitati dagli ispettori di Bruxelles. Ci vogliono, è la convinzione. S’è visto come andata col piano per la crescita 2000-10 (Strategia di Lisbona) che era senza multe, e come va «Europa 2020». Nessuno degli obiettivi – dalla ricerca al lavoro – è stato sin’adesso rispettato.
«La situazione sui mercati è estremamente preoccupante», dice agli eurodeputati il commissario Ue all’economia, Olli Rehn. Serve una coesione che il caso eurobond dimostra non esserci. Invitata dal parlamento e dal Consiglio, Bruxelles ha messo sul tavolo tre opzioni per i suoi «titoli di stabilità», con gradi diversi di partecipazione e di garanzia rispetto al debito messo in comune. Si parte dalla creazione di un unico passivo per l’Eurozona con difficili cambiamenti di Trattato inclusi. Si arriva alla soluzione di una raccolta comune parziale, sempre e comunque garantita dalle capitali e senza riforme costituzionali.Tutto viene legato alla negazione dell’azzardo morale (nessuno deve fare il furbo a spese degli altri) e al rafforzamento della governance. Oggi Monti e Sarkozy potrebbero dire a Frau Merkel che questa è la strada. Barroso pensa che Berlino prima poi mollerà. «Un anno fa era contro gli acquisti sul secondario da parte del fondo salvastati», ricorda il portoghese.Ora pensa farà lo stesso con gli eurobond.
Il problema è se, allora, l’Eurozona sarà ancora in piedi.

Fonte: La Stampa del 24 novembre 2011

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