E così abbiamo finalmente trovato il colpevole dell’inflazione, il responsabile dell’impoverimento degli italiani, addirittura forse anche la causa del rialzo dei tassi di interesse deciso dalla banca centrale europea. Ebbene sì, il “mostro”, il genio del male, belzebù, l’origine di tutti i nostri guai economici sono i benzinai, anzi i piccoli gestori di pompe di benzina. I quali, poiché hanno proclamato sedici giorni di sciopero contro la decisione del governo di anticipare la liberalizzazione del settore, ora si trovano, come ogni “mostro”che si rispetti, sbattuti in prima pagina, colpevolizzati, criminalizzati, “kaput”.
Ma per fortuna c’è il governo, il difensore civico, o se preferite il nostro ispettore derrick, che capisce l’inganno, scopre il colpevole e sull’onda del consenso popolare usa il pugno di ferro per ridurre alla ragione i malintenzionati benzinai.
in questo scenario, naturalmente un po’ forzato ma assolutamente vero, c’è francamente qualcosa che non quadra e vorremmo tentare di indicarlo. A scanso di equivoci diciamo subito che nessuno più di noi è favorevole ad introdurre nell’economia italiana potenti dosi di libertà e liberalizzazioni, le uniche che consentono di creare concorrenza, efficienza, trasparenza. E diciamo pure che i benzinai hanno esagerato annunciando sedici giorni di sciopero, anche se si tratta solo di un annuncio e non di una decisione.
Tuttavia vanno illustrati alcuni precedenti e antefatti.
La liberalizzazione del settore non significa che chiunque dal giugno prossimo potrà decidere di aprire una pompa di benzina, poiché se lo stato rinuncia alle sue autorizzazioni, restano pur sempre quelle sanitarie delle asl e quelle urbanistiche dei comuni che sono le più pesanti. Inoltre, la liberalizzazione era in origine già fissata per il giugno dell’anno prossimo e nessun benzinaio si era sognato di proclamare scioperi nemmeno di un minuto. Fu la maggioranza che tiene in vita questo governo, ds in testa, a decidere in parlamento lo slittamento della completa liberalizzazione al 2001, salvo poi accodarsi al governo che pochi giorni ha se l’è rimangiata tornando alla data originaria.
La seconda notazione riguarda la coerenza sindacale del governo. Poco meno di un anno fa, di questi tempi, veniva firmato il patto sociale con tanto di telecamere e, direbbe carlo marx, “pathos dimostrativo”. Quel patto sanciva che in materia di lavoro, efficienza ed ammodernamento del paese, il governo avrebbe agito attraverso lo strumento della “concertazione” con le parti sociali. Ovvero, che non avrebbe assunto decisioni unilaterali senza il consenso di sindacati ed imprenditori coinvolti negli obiettivi di risanamento economico perseguiti dal governo. A parte le obiezioni sulla concertazione che sottrae sovranità al parlamento, la decisione fu quella e ce ne facemmo tutti una ragione. Ci si attenderebbe, dunque, che il primo a onorarla fosse chi l’ha voluta, il governo. Ed invece la concertazione è un obbligo a non agire contro il solo sindacato cgil cisl uil, quando si deve affrontare la questione delle pensioni di anzianità, ma non è più un obbligo, anzi diventa un optional, se bisogna agire contro le piccole imprese allargando le rappresentanze sindacali sotto i quindici dipendenti, o contro i benzinai. In questi casi si può procedere senza la concertazione.
Infine i prezzi. La spiegazione con la quale si giustifica l’irremovibilità della decisione di anticipare la liberalizzazione è che renderà possibile ridurre il prezzo della benzina perché renderà più efficiente il sistema distributivo. Questo è senz’altro vero, in parte, ed è la ragione che sta alla base di ogni liberalizzazione. Ma basta osservare la composizione del prezzo di un litro di benzina verde, per rendersi conto che il gestore trattiene per sé 85 lire al litro, cioè il 4,4% del prezzo, mentre lo stato in imposte e tasse preleva il 71%. E se per ipotesi domani i benzinai italiani raggiungessero la stessa efficienza di quelli tedeschi, applicando il loro stesso margine di guadagno che è il più basso d’europa, il prezzo della benzina scenderebbe di appena il 2,5%. Ma allora il “mostro” sono i benzinai o lo stato?
E l’inflazione: è vero che il rincaro del petrolio e della benzina l’hanno alimentata. Ma la banca d’italia ha appena certificato che impulsi forti vengono anche dagli affitti, dall’abbigliamento, dalle asicurazioni (+16,3%) dai servizi finanziari (+23%) e laddove i prezzi dovrebbero calare, come nelle tariffe telefoniche, da noi scendono del 2,6% in germania del 10%.
In conclusione, sedici giorni di sciopero sono troppi ed è ingiusto che l’incolpevole automobilista ne paghi i disagi, ma il pugno di ferro contro i benzinai appare eccessivo e squilibrato. Si vogliono colpire le corporazioni? Si vogliono eliminare i monopoli, varare liberalizzazioni? Lo si faccia con tutti, e con ogni settore economico, dall’enel, alle poste, alle ferrovie. Viceversa, le liberalizzazioni a senso unico, prima con i commercianti, poi con i benzinai, diventano punitive verso il lavoro autonomo, verso l’iniziativa privata. Che, sarà un caso, ma nei casi in questione, è anche quella che meno la pensa a sinistra.