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Salvate il soldato “Riforma del Cnel”

Da anni si parla di riforma del Cnel che pareva ridotto al ruolo di una mummia in quel di Villa Lubin in uno degli angoli più belli di Villa Borghese. Si è anche pensato di abolire l’organo con apposita legge costituzionale – idea a cui si è sempre opposto parte del sindacato che trovava nell’organo un’elegante forma di pensionamento o di integrazione della pensione per molti suoi quadri. Studi (in vista di una riforma) sono stati fatti a bizzeffe, anche dal centro di ricerche Astrid, presieduto da Franco Bassanini. Nel mettere a punto la definizione della strategia di stabilizzazione finanziaria e di crescita economica inclusiva, ci si è accorti che del Cnel c’è bisogno, ma di un organo meno elefantiaco dell’attuale e meglio attrezzato a guardare quelli che (ce lo ha ricordato più volte il Capo dello Stato in queste ultime settimane) sono i problemi non di ieri o dell’altro ieri ma di oggi e domani: i giovani, le nuove tipologie di lavoro, le strategie industriali che contribuiscano effettivamente alla crescita di produttività e di competitività. Un apposito articolo del Decreto Legge 18 (di cui è appena iniziato l’iter verso la conversione) – l’art. 17 – prevede una riforma basata sulle esperienze e la composizione della settantina di organi analoghi in altri Paesi, sull’esigenza di predisporre documenti di alto contenuto ed alto profilo, ed anche sull’effettiva e comprovata partecipazione ai lavori di alcuni gruppi, usi ad essere presenti quasi solo alle riunioni utili ai fini dei “gettoni”- a quella del 15 luglio alcuni hanno firmato e si sono dileguati mentre i lavori effettivi stavano per iniziare. Quindi, su dati e statistiche solide a cui gli esperti del Governo hanno lavorato con Istat e altri.
Ciò anche in quanto negli ultimi mesi l’attuale Consigliatura del Cnel ha dato contributi importanti in settori che spaziano dai programmi di stabilizzazioni e riforme alla lotta alla criminalità, all’attuazione delle riforme della Pubblica Amministrazione, ai programmi d’infrastruttura, e via discorrendo. Per queste ragioni non per la bellezza di Villa Lubin, l’Associazione dei 70 Cnel sparsi per il mondo ha scelto Roma come sede del proprio Segretariato internazionale – una scelta di prestigio. Il Decreto Legge è stato varato il 13 agosto, e il 18 agosto (ossia mentre gran parte dei consiglieri del Cnel erano in vacanza), “zitti,zitti, piano, piano/senza fare alcun rumore” – in pieno stile Barbiere di Siviglia – un gruppetto si è autoconvocato a Villa Lubin per smontare la riforma, essenzialmente per indebolire i contenuti tecnico-scientifico e per farla tornare ad essere un mummificatorio.
La procedura humma-humma è quanto meno bizzarra. Gli “autoconvocati” hanno redatto un “emendamento” al Decreto Legge (peraltro già in vigore). Se il Cnel, in quanto tale, intende presentare proposte migliorative, lo faccia a viso aperto e seguendo le procedure previste per legge tramite la convocazione di un’Assemblea, se possibile ordinaria, al fine di assicurare la massima partecipazione. Le procedure non sono mere decorazioni barocche. Studiosi della democrazia così intellettualmente distanti come Bobbio e Sartori dimostrano che esse sono l’essenza del viver civile in uno Stato di diritto. Un chiaro percorso procedurale eviterebbe di indurre a pensare che numerosi punti dell’”emendamento” hanno obiettivi particolaristici e esprimono ripicche individuali. Allontanerebbero per sempre le voci secondo cui si starebbe cercando di incidere su Governo e Parlamento ritardando le indicazioni di chi debba fare parte del Cnel e mettendo, quindi, nell’impossibilità di funzionare un organo costituzionale. Non credo alle voci, anche perché ho presente la fine che fece Giovanna D’Arco. Tuttavia, proprio per allontanare qualsiasi dubbio sulla loro consistenza, i leader delle categorie interessate dovrebbero smentirle ufficialmente e pubblicamente. Altrimenti resterebbe l’alone che essi rappresentano la reazione (come efficacemente scritto da Giuseppe De Rita sul “Corriere della Sera” del 20 agosto) e l’impressione che per fini particolaristici siano pronti a calpestare il Cnel, l’assetto istituzionale della Repubblica e la stessa Costituzione. Negli Usa dove ho vissuto tre lustri ed in Francia (mia moglie è francese) gli “autoconvocati” verrebbero o ridicolizzati o accusati di “alto tradimento” nei confronti della Costituzione.
Nel merito, l’eventuale approvazione dell’”emendamento”, vorrebbe dire, nel breve periodo, una paralisi di almeno nove mesi proprio nella fase di maggiore esigenza dei pareri del Cnel sui temi sollevati dal Capo dello Stato in persona. L’”emendamento”, soprattutto, pare indicare che ci sono due visioni contrapposte del Cnel: una rivolta all’avvenire; l’altra rivolta al passato e ad un mondo fordista-taylorista in cui ci si preoccupa non delle politiche e strategie per le nuove generazione ma di integrare le pensioni di alcuni che hanno senza dubbio ben servito il Paese ma vedono come loro obiettivo l’impossibile difesa dell’esistente. Se ci sono tali visioni contrapposte è, a maggior ragione, essenziale una discussione chiara, aperta e trasparente. L’argomentazione secondo cui ci sarebbe “fretta” non tiene; non sarebbe la prima volta che un decreto convertito in legge viene modificato da nuova misura normativa se alla prova dell’esperienza risulta migliorabile. Nel frattempo, Governo e Parlamento devono intervenire a salvare il soldato Cnel e la sua riforma. “Zitti, zitti, piano, piano/senza fare alcun rumore”, mettete l’”emendamento” nel primo cestino di carta straccia. E’ stato un colpo di sole estivo; avviene quando ci si autoconvoca.

Fonte: Il Velino del 23 agosto 2011

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