È rallentata la crescita delle retribuzioni contrattuali nel 2010. L’incremento, segnala l’Istat, è infatti risultato pari al 2,2% contro il 3% del 2009. L’aumento contrattuale è stato comunque superiore al tasso d’inflazione medio, che l’anno scorso si è attestato all’1,5 per cento. A dicembre, invece, le retribuzioni sono cresciute dello 0,1% su base mensile, per un incremento tendenziale dell’1,7%, a fronte di un costo della vita aumentato dell’1,9% negli ultimi dodici mesi.
Nel complesso del 2010, afferma l’Istat, aumenti significativamente superiori alla media sono stati osservati nel settore alimentari, bevande e tabacco (3,9%), in quello delle telecomunicazioni (3,7%), nei servizi di informazione e comunicazione (3,4%), nel commercio (3,3%) e tessili, nell’abbigliamento e lavorazione pelli (3%). Le variazioni più contenute sono state invece registrate per le attività dei vigili del fuoco (0,4%), la scuola (0,6%), i trasporti, i servizi postali e attività connesse e i ministeri (per entrambi l’aumento è dello 0,7%).
L’Istat fa il punto anche sulla situazione dei contratti, ricordando che a fine dicembre risultano in attesa di rinnovo 41 contratti nazionali, relativi a meno di 4,9 milioni di dipendenti; la quota di dipendenti che aspettano il rinnovo, per l’intera economia, è pari al 37,2%, in lieve calo rispetto rispetto allo scorso mese (37,9%) e in forte crescita rispetto a dicembre 2009 (10,3%). Alla fine di dicembre risultavano invece in vigore 37 accordi che regolano il trattamento economico di circa 8,2 milioni di dipendenti; la loro incidenza, in termini di monte retributivo, è pari al 59,8%.
Sul versante dell’attività produttiva, l’ultima indagine rapida del Centro studi Confindustria rileva un «moderato recupero» per la produzione industriale, che in gennaio dovrebbe risalire dello 0,5% rispetto al mese di dicembre 2010, quando si era verificata una variazione mensile di +0,1 per cento. Un dato positivo, quindi, anche se, contestualizzandolo in rapporto al picco produttivo precedente la crisi, raggiunto nell’aprile del 2008, il livello dell’attività produttiva resta inferiore del 17,3%, dopo aver recuperato l’11,5% dai minimi di marzo 2009.
La produzione media giornaliera è salita, secondo il CsC, del 3,5% sui dodici mesi, contro il +4,9% fatto registrare nel mese di dicembre. Il centro studi di viale dell’Astronomia mette comunque in evidenza il fatto che le aziende che lavorano su commessa segnalano nel mese di gennaio un incremento dei loro ordini, sia in termini mensili (+2% su dicembre) sia in termini annui (+4,1% rispetto al mese di gennaio 2010). Il rapporto cita inoltre i dati diffusi dalla Commissione europea secondo i quali la ripresa dovrebbe continuare a un passo più veloce nei prossimi mesi e ricorda che la fiducia tra gli imprenditori manifatturieri è ancora aumentata nel mese di gennaio (saldo a 1,7 contro lo 0,5 in dicembre) sostenuta essenzialmente dal miglioramento delle aspettative di produzione e dal giudizio sugli ordini esteri. Nel breve termine,poi, un contributo positivo potrà venire secondo gli esperti della Confindustria anche dalla ricostituzione delle scorte, che sono a un livello inferiore al normale.
Il quadro di Eurolandia, peraltro, contiene luci e ombre. Ecco perchè, ad esempio, l’indicatore Euro-coin elaborato da Bankitalia e dal Cepr, che fornisce una stima della dinamica del Pil nell’area dell’euro è rimasto stabile in gennaio, attestandosi allo 0,48% contro lo 0,49% di dicembre. Secondo le valutazioni sottostanti all’indicatore la dinamica di fondo dell’area euro continua a risultare compatibile con con un tasso di crescita del 2% annuo e in gennaio l’indicatore è rimasto fermo, secondo la banca centrale italiana, perchè il «rallentamento della produzione industriale e dell’interscambio commerciale in alcuni dei maggiori paesi dell’area è stato controbilanciato dal miglioramento del clima di fiducia delle imprese».
Quanto alle prospettive congiunturali italiane, tra gli economisti c’è anche chi, come gli esperti del centro studi ref di Milano, ritiene che il traino offerto dall’export alla nostra economia non sia sufficientemente robusto per sostenere da solo la ripresa. «Le famiglie sono in difficoltà, strette fra salari in decelerazione, inflazione in aumento e occupazione che ristagna» si osserva nell’ultimo rapporto ref, per argomentare sulla debolezza della domanda interna. Per questo, il ref prevede che quest’anno l’aumento del Pil in Italia sarà modesto e pari soltanto allo 0,7%, per poi risalire all’1,1% nel 2012
Salari freddi, vince l’inflazione
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