• martedì , 24 Dicembre 2024

Riserve auree contro la crisi

L’oro della Bce e delle Banche centrali può garantire remissione.
Sarà pure “ridicola”, nel senso di basata sul niente, la pressione dei mercati su Italia e Spagna, come dice il presidente dell’Unione Europea Herman van Rompuy, ma sarebbe bene che il club dei paesi dell’euro la prendesse sul serio. E che mettesse in campo reazioni concrete, non parole, e per di più di carattere straordinario, se si vuole evitare non solo la crisi di questo o quel paese, ma della moneta unica e con essa della ancora parziale costruzione dell’Europa unita. Quali? Una cosa si potrebbe fare subito. Usare le riserve in oro. Ma non nel senso di far vendere dalle banche centrali dei singoli paesi i loro lingotti per far scendere i debiti pubblici, come alcuni hanno detto, forse anche sotto l’influenza delle notizie che quotidianamente ci annunciano l’ennesimo record del prezzo dell’oro (l’ultimo, venerdì, era di 1637,5 dollari l’oncia). Anche perché, di solito è buona prudenza che durante le crisi le banche centrali tengano, come ha fatto Bankitalia nel 2009, e invece vendano quando la situazione è tranquilla (per esempio, lo hanno fatto nel 1999, quando le quotazioni erano scese e si stava per adottare l’euro, e c’era più oro di quanto servisse). E poi perché se anche l’Italia vendesse tutto l’oro ricaverebbe 100 miliardi, con i quali potremmo far scendere solo di un diciannovesimo l’ammontare del nostro debito, e il rapporto debito-pil calerebbe da 120% a 114%.
No, l’idea è quella di conferire una parte significativa delle riserve all’Efsf, il cosiddetto fondo salva-Stati, perché possa emettere eurobond, in modo da trasformare in debito federale una parte dei debiti dei paesi membri. In Italia ne aveva già parlato l’anno scorso l’economista della Cattolica Alberto Quadrio Curzio, e bisogna che diventi un progetto europeo sotto la spinta di chi, da Juncker a Tremonti, ha in mente di usare bond federali per cominciare a costruire un Tesoro comunitario, primo passo per conseguire l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa.
Il calcolo è presto fatto. Le riserve auree di Bce e banche centrali sommate ammontano a oltre 11 mila tonnellate, di cui 3400 sono della Germania, 2450 dell’Italia e 2435 della Francia. A valutarle prudenzialmente 1200 dollari l’oncia, e al cambio euro-dollaro di 1,20 (venerdì era 1,4383), le riserve valgono circa 360 miliardi di euro. Una cifra che, applicando una leva (ragionevole) di tre volte e mezzo, consentirebbe un’emissione obbligazionaria Ue da 1260 miliardi di euro (da 20-30 anni) e fornirebbe una garanzia tale da poter essere piazzata sul mercato a tassi bassi, forse inferiori anche a quelli tedeschi. Non solo. Siccome anche gli Stati Uniti hanno problemi di debito, e possiedono oltre 8 mila tonnellate di oro, e 2800 mila tonnellate le ha il Fondo Monetario, si potrebbero creare dei “worldbond” garantiti dai lingotti d’oro da far emettere dallo stesso Fmi che potrebbero calmierare le pressioni sui debiti pubblici occidentali.
Fantasie? Beh, certo che se si parte dal presupposto che ci sono voluti 16 mesi per tamponare l’emorragia greca, riesce difficile immaginare che i leader europei abbiano scatti decisionali così rilevanti. E, guardando al mondo, se si considera che decine e decine di vertici di G8 e G20 nel corso della grande crisi finanziaria non hanno prodotto neppure regole stringenti per società di rating e hedge fund, non c’è molto da sperare. Ma bisogna insistere.

Fonte: Il Messaggero del 31 luglio 2011

Articoli dell'autore

Commenti disabilitati.