La recessione è alla fine, ma non è il caso di dormire sugli allori, anche perché gli allori sono alquanto striminziti e la ripresa economica avrà un ritmo molto lento. Soprattutto, è «cruciale la stabilità politica per rinsaldare la fiducia di imprese e consumatori». È questa l’intonazione dell’ultimo rapporto del Centro studi Confindustria, secondo quanto ha spiegato ieri il direttore del centro studi di viale dell’Astronomia, Luca Paolazzi nel commentare le nuove stime. Per la prima volta da molto tempo infatti c’è una revisione che migliora il quadro congiunturale dell’anno in corso.
Il Csc prevede ora una contrazione annua dell’1,6% nel 2013, in attenuazione rispetto al -1,9% delle previsioni di giugno e per il 2014 punta su una variazione positiva dell’attività produttiva dello 0,7%, a fronte del +0,5% della stima precedente. Il rapporto lascia invece invariate le previsioni sul rapporto fra deficit e Pil stimato, al 3% quest’anno e al 2,6% il prossimo. Sostanzialmente in linea con le precedenti stime anche il debito: 131,7% del prodotto nel 2013 e 132,3% nel 2014(132,4% a giugno).
«Dobbiamo continuare sul sentiero intrapreso, senza fermarci davanti ai primi segnali positivi o commettere l’errore di non cogliere questa occasione per rinnovarci» ha detto il vicepresidente di Confindustria e ad dell’Enel, Fulvio Conti. «Anzi, occorre fare tutto il possibile per evitare ricadute recessive o arretramenti competitivi, in quanto lo scenario attuale italiano richiede prudenza» ha aggiunto Conti, spiegando che «si addensano, infatti, turbolenze generate da dinamiche extra-economiche che i modelli di previsione non riescono ad incorporare, ma che potrebbero minare quel poco di buono che possiamo intravedere. Tra questi ha aggiunto l’incertezza sulla stabilità politica italiana, i venti di guerra in Medio Oriente e le prossime elezioni politiche in Germania».
Tra le sfide che la politica, in Italia e in Europa, è chiamata a sostenere, oltre a quella basilare della stabilità c’è, secondo quanto ha spiegato Paolazzi, la necessità di continuare a tenere lasche le politiche monetarie, quella di arrestare il grave credit crunch ( in italia rispetto al punto di massimo del 2011 il volume di erogazioni di prestiti alle imprese ha subito una una contrazione di 7 punti percentuali e mezzo, ovvero 69 miliardi in meno). L’altra sfida epocale è quella di contrastare il dilagare della disoccupazione: in tutti i paesi del G7 si continuano ad allungare le file di chi cerca lavoro, è stato osservato ieri ma in Italia il tasso di disoccupazione, nella definizione allargata che comprende anche i cassintegrati supera il 13% (nella definizione standard si attesterà quest’anno al 12,1 e l’anno prossimo al 12,3%). E poiché la disoccupazione è un indicatore ritardato del ciclo economico bisogna sapere, è stato ricordato, che anche se partirà una forte ripresa (maggiore, cioè dello striminzito 0,7 per cento che dovrebbe toccarci in sorte il prossimo anno) occorrerà attendere almeno un anno per vedere risultati concreti. D’altra parte, è certamente importante il fatto che finalmente gli indicatori Pmi anche in Italia segnalino un recupero e che siano in via di miglioramento anche le attese sulla situazione familiare dei consumatori italiani, mentre l’export è ripartito, sostenuto dal recupero della domanda all’interno dell’Ue.
Ma le distanze da colmare per tornare dove eravamo prima della crisi sono comunque cifre da dopoguerra, come ha ricordato nel corso del dibattito uno degli economisti intervenuti, Massimo Bordignon. Secondo i calcoli del Csc le differenze dai punti di massimo pre-crisi al secondo trimestre 2013 sono pari a -8,9 punti percentuali di Pil,-7,6 punti percentuali per i consumi;-27,1% è la flessione degli investimenti, -7,2 per cento quella dell’occupazione (ovvero un milione e ottocentocinquemila unità di lavoro perdute); – 25,1% la produzione industriale. Nel frattempo, la pressione fiscale è arrivata al 44,5%( ma se si toglie il sommerso, si può parlare di una pressione al 55,2%). Inoltre, il Csc stima che in Italia il costo del lavoro per unità di prodotto (Clup) dopo il +1,9% nel 2012, crescerà anche quest’anno di un altro +1,2%, a causa di una dinamica del costo del lavoro orario (+1,5%) ben al di sopra della produttività ( +0,2%). Non è un caso, quindi, che nel rapporto si tonri a sottolineare che la priorità nella legge di stabilità «è ridurre l’eccessivo carico fiscale che grava sul lavoro e sull’impresa agendo sul cuneo fiscale e contributivo».
“Ripresa in arrivo, ma lenta e fragile”
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