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Rinnovabili, governo ridicolo

Prima finanziamenti a pioggia. Poi i tagli indiscriminati. Sul fotovoltaico e l’eolico si è vista tutta l’improvvisazione dell’esecutivo. Eppure promuovere l’energia pulita con un po’ di cervello non è difficile.
Il conto non sarà preciso al centesimo ma fa impressione: alla fine del 2010 erano stati incentivati 7 mila Megawatt di energia prodotta con il fotovoltaico per un totale di 70 miliardi di euro. E chi verserà questa somma, nell’arco di 20 anni, agli occhiuti e fortunati investitori? Chiunque paghi la bolletta della luce. Già perché questo strumento di politica industriale, anziché gravare sulla fiscalità generale (come sarebbe normale), finisce nella tariffa elettrica. Così facendo, si evita infatti uno spiacevole effetto collaterale: peggiorare le statistiche sulla pressione fiscale. Come con il canone Rai o con le multe.
Se ai 70 miliardi si aggiungono le somme necessarie a finanziare gli incentivi alle altre fonti rinnovabili si arriva a 100 miliardi. L’armamentario è infatti cresciuto a dismisura dal 1997 quando l’allora ministro Pier Luigi Bersani introdusse i “certificati verdi” per sostenere la diffusione delle fonti rinnovabili. Da allora è stata una nobile gara a chi elargiva più incentivi: il solare è pulito, è verde, sostituisce gas, petrolio, nucleare, crea occupazione diffusa, favorisce la ricerca. Insomma è il futuro. E così nessuno, tanto meno il centrosinistra, ha voluto fare la parte del micragnoso: meglio abbondare.
Finché si è arrivati alla situazione descritta nelle illustrazioni in queste pagine: gli impianti domestici installati sul tetto come quelli fotovoltaici, o montati a terra su terreno agricolo producono rendimenti spaventosi. In una relazione sul mercato dell’energia elettrica del 3 febbraio scorso l’Autorità dell’energia scrive: “L’incentivazione del fotovoltaico in Italia è oggi una delle più profittevoli al mondo”.
Ovviamente il “mercato” si è accorto in fretta che l’energia prodotta utilizzando i raggi del sole è un’occasione da non perdere. Ed è stato subito boom. Soprattutto quando si è cominciato a percepire che la festa stava per finire. E che il governo aveva inaspettatamente riaperto una finestra “utile” per ottenere il massimo dell’incentivazione con la legge salva-Alcoa dell’ottobre scorso. La situazione aggiornata è questa: alla fine di febbraio erano in esercizio 171.105 impianti per complessivi 3.797 Mw. Se riusciranno a entrare in funzione prima del prossimo 30 giugno altri 40.542 impianti, per complessivi 3.404 Mw, godranno delle agevolazioni. Il totale non dista molto da quegli 8 mila Mw che costituiscono l’obiettivo per il 2020 del fotovoltaico. Un altro dato la dice lunga: negli ultimi anni sono state presentate richieste per impianti da complessivi 150 mila Mw quando nei momenti di punta la domanda è di 50 mila Mw.
Il business del fotovoltaico ha attirato tutti. Terna, la società che gestisce la rete elettrica, ha pensato bene di posare i pannelli fotovoltaici sui terreni sotto i pali dell’alta tensione. Poi ha rivenduto i suoi impianti e ci ha fatto sopra una ricca plusvalenza. Degli incentivi hanno approfittato tutti i grandi produttori di energia italiani, dall’Enel (che ha appena collocato sul mercato la sua Enel Green Power) all’Edison a Sorgenia.
Ma a scoprire le meraviglie del fotovoltaico sono stati anche tanti piccoli investitori, italiani e stranieri, che hanno riempito soprattutto il Mezzogiorno di nuovi impianti. Le banche, sapendo che il “super-rendimento” era garantito dallo Stato, sia pure attraverso le bollette elettriche, li hanno finanziati abbondantemente. E, come sempre accade quando si guadagna tanto con il contributo di una Pubblica amministrazione, la malavita organizzata si è ritagliata la sua fetta sia operando in proprio sia agendo da mediatrice: per operare nel fotovoltaico posato a terra bisogna trattare con chi controlla il territorio. Tutto ciò con un contorno di abusi (impianti dichiarati e non realizzati) favorito dalla sostanziale assenza di controlli.
La diffusione di produttori piccoli e medi che, attratti da tassi di rendimento interno dell’investimento dell’ordine del 13-16 per cento, si sono lanciati in questo business ha provocato la reazione del “sistema”. Oltretutto l’esplosione di queste produzioni decentrate (il solare ma anche l’eolico) ha creato degli inconvenienti tecnici di non poco conto. Per esempio, esistono dei “vincoli di rete”. L’energia prodotta dal sole e dal vento non è costante ma intermittente: aumenta quando il cielo è terso o il maestrale soffia più forte, e viceversa.

Fonte: Espresso del 28 marzo 2011

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