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Rigidi sulle tasse, morbidi sui taxisti:l’anno parte male

La manovra ha battuto il record della pressione fiscale, il 56% per quelli che le tasse le pagano: anche questo governo non riesce a diminuire i soldi gestiti dalla politica.
Peccato capitale, pessimo modo di chiudere e iniziare un anno. La gente oggi mugugna, domani soffrirà per la recessione, ma piega il collo rassegnata (ci sono perfino i masochisti contenti). Eppure non è sempre così, ci sono casi in cui il Governo ha dovuto fare marcia indietro. Perché per i taxisti sì e per le tasse no?
I taxisti sono un gruppo di elettori che minaccia di non fare rieleggere un numero ristretto di eletti (sindaci e assessori delle 5 maggiori città) in base a una questione sola: se dànno o no più licenze. Le tasse invece riguardano l’intero corpo elettorale, che ha di fronte non singoli politici ma partiti, e non su un’unica questione ma su un intero programma elettorale, dagli asili all’eutanasia. In USA, dove c’è il sistema elettorale maggioritario con primarie di collegio, i Tea Party mettono sotto osservazione i candidati alle future elezioni, e in elezioni con un corpo elettorale ridotto come le primarie, dove quindi i loro voti possono essere determinanti, sostengono candidati in base al loro impegno su una questione sola: le tasse.
Dai taxi, alle tasse, dalle tasse alle leggi elettorali. La morale è istruttiva: tutto si tiene. Un sistema elettorale che non consenta all’elettore la scelta di chi lo rappresenta e di chi lo governa produce esecutivi propensi a cedere sulla spesa pubblica, che produce debito, che richiede tasse. Ma siccome le tasse per gli uni sono la spesa pubblica per gli altri, si capisce perché siano tanti quelli a cui fa comodo il buon vecchio sistema proporzionale.Auguri!

Fonte: Vanity Fair del 20 dicembre 2011

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