• lunedì , 23 Dicembre 2024

Riforma Fondi Pensione, una rinvio da non sottovalutare

Sarà una “soluzione all’italiana” ma il rinvio al 2008 della riforma del trattamento di fine rapporto e del riordino della previdenza complementare costituisce, nella situazione data, un’uscita di sicurezza da non sottovalutare o liquidare con troppo facili battute. Naturalmente, il “teatrino della politica” ha infilato molto del suo nella soluzione estratta dal cilindro del Consiglio dei ministri. Vi è, certamente, una certa dose di furbizia (non a caso si dice che l’ispiratore della mediazione siano stati da un lato Giulio Tremonti e Umberto Bossi, dall’altro) nella scelta di caricare sulle spalle del prossimo Parlamento e del nuovo Governo un fardello ricolmo di interessi contrapposti e fino ad ore risultati inconciliabili. Ma una decisione che ha tanto peso sul sistema economico (si tratta di un affaire da 15 miliardi di euro l’anno), sulla vita delle imprese e sulle future pensioni di milioni di giovani lavoratori, non può essere valutata in astratto, alla ricerca di un meglio che spesso si rivela nemico del bene. Quali scelte alternative erano a disposizione del Governo Berlusconi ? E quali diverse linee di condotta sarebbero state, in concreto, migliori della decisione del rinvio di due anni ? Comunque si fosse regolato l’esecutivo, una scelta differente avrebbe dato luogo a duri contrasti, o con le parti sociali o col mondo delle assicurazioni. Si può sostenere, con tante buone ragioni, che il compito primario di un Governo è quello di assumere decisioni, anche quando esse risultano impopolari, difficili e determinano conflitti. Nel caso del decreto legislativo in parola, però, Berlusconi e i suoi ministri sarebbero andati incontro ad un Patto per l’Italia alla rovescia, in quanto ben 24 parti sociali (sottoscrittrici di un avviso comune) erano schierate a difesa del testo predisposto dal ministro Roberto Maroni, osteggiato invece dall’Ania (l’associazione delle compagnie di assicurazione), con parecchie fondate ragioni sia di natura sistemica (la riforma era ispirata al principio della parità di condizioni tra tutte le forme riconosciute di previdenza complementare), sia riferite a disposizioni precise contenute nella legge delega (riguardanti l’esplicito riconoscimento della portabilità del contributo del datore al lavoratore che decida di non aderire o di uscire da un fondo chiuso). Ci sono, però, altri motivi che inducono a collocare il rinvio al 2008 nella categoria dei “mali minori”. Il decreto delegato ha due aspetti critici (che sono rimasti tuttora irrisolti, nella formulazione contestata): a) i già ricordati vincoli contrattuali alla portabilità del contributo del datore sono passibili di censura da parte della Consulta per abuso di delega; b) le agevolazioni fiscali e per l’accesso al credito, a favore dei datori di lavoro conferenti il tfr, possono incorrere nelle sanzioni della Ue come “aiuti di Stato”. Se il provvedimento fosse già in vigore, esso sarebbe esposto ai rischi assai gravi elencati, tali da sconvolgere non solo i sottostanti equilibri politici e sociali, ma da circondare anche la nuova disciplina di un’aura di grande incertezza. Adesso, invece, l’Italia può presentarsi, nelle sedi opportune, a sostenere questi esami decisivi con un decreto già approvato, ma non ancora entrato in vigore (e suscettibile di misure correttive entro i successivi 18 mesi). Il rinvio non ha risolto sicuramente le controversie (esplicite o latenti) che hanno bloccato a lungo la predisposizione e l’approvazione del decreto, ma almeno ha consentito il varo del decreto legislativo prima dell’inesorabile scadenza della delega. Resta l’auspicio che nei prossimi due anni (in concomitanza con l’entrata in vigore dei nuovi requisiti previsti in tema di età pensionabile) il sistema Paese sia in grado di risolvere con il necessario equilibrio i dispareri che fino ad ora sono risultati insormontabili. Oltre alla mediazione politica, interverranno altri elementi a sciogliere i nodi controversi. E’ in preparazione, infatti, una Direttiva della Unione europea in tema di previdenza privata che dovrà pronunciarsi pure sulla questione della portabilità. Nello stesso tempo, sempre la Ue potrà valutare se le norme sull’accesso al credito e i bonus fiscali, a favore delle imprese conferenti il tfr, siano in contrasto – o meno – con le regole sul divieto degli “aiuti di Stato”. Resta tuttavia da augurarsi che, nei due anni di attesa forzata, queste verifiche siano compiute per tempo e con il dovuto rigore. Intanto, sarebbe stato opportuno che non tutte le innovazioni introdotte dalla delega entrassero in vigore solo a partire dal 2008. Se l’apparato procedurale connesso al conferimento del tfr e al silenzio-assenso (incluse le agevolazioni fiscali e per l’accesso al credito nonché il fondo di garanzia) scivola al 2008, non ha senso che altre disposizioni debbano stare a bagnomaria per altri due anni. Facciamo riferimento, ovviamente, ai nuovi diritti e tutele riconosciuti al lavoratore, alle regole sull’informazione e la trasparenza e al riassetto dei poteri di indirizzo e vigilanza. Un’applicazione di questi aspetti a decorrere dal prossimo 1° gennaio avrebbe contribuito a predisporre un quadro di maggiori garanzie per i più consistenti mutamenti attesi nel 2008.

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SCHEDA

Le innovazioni introdotte dalla legge n. 243/2004 che avrebbero potuto trovare applicazione immediata

a) l’attribuzione ai fondi pensione della contitolarità con i propri iscritti del diritto alla contribuzione (una norma che rafforza la posizione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro inadempiente), compreso il trattamento di fine rapporto cui è tenuto il datore e la legittimazione dei fondi stessi, rafforzando la modalità di riscossione anche coattiva, a rappresentare i propri iscritti nelle controversie aventi per oggetto i contributi omessi nonché l’eventuale danno derivante dal mancato conseguimento dei relativi rendimenti;

b) l’assoggettamento delle prestazioni di previdenza complementare a vincoli in tema di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità analoghi a quelli previsti per la previdenza di base;

c) l’obbligo di tutte le forme complementari ad esporre nel rendiconto annuale e, in modo sintetico, nelle comunicazioni inviate all’iscritto, se e in quale misura siano presi in considerazione aspetti sociali, etici, e ambientali nella gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti così come nell’esercizio dei diritti legati alla proprietà dei titoli in portafoglio;

d) la garanzia che il lavoratore stesso abbia una adeguata informazione sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato, i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali è ammessa l’adesione, nonché sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il tfr, previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela;

e) il diritto a proseguire la contribuzione volontaria alle forme pensionistiche oltre i cinque anni dal raggiungimento del limite dell’età pensionabile;

f) misure atte a favorire le adesioni in forma collettiva ai fondi aperti, prevedendo l’istituzione di comitati di sorveglianza da parte dei lavoratori aderenti;

g) il riconoscimento alle Casse dei liberi professionisti della possibilità di promuovere forme di previdenza complementare a favore dei loro iscritti;

h) l’esercizio dell’alta vigilanza da parte del ministero del Welfare, di concerto col Ministro dell’Economia, mediante l’adozione di direttive generali;

i) l’attribuzione alla Covip del compito (in aggiunta alle competenze vigenti) di fornire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme collettive e individuali (inclusi i piani individuali) e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti finanziari, allo scopo di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari;

j) la semplificazione delle procedure di autorizzazione all’esercizio, di riconoscimento della personalità giuridica, di approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi e delle convenzioni per la gestione delle risorse, prevedendo anche la possibilità di strumenti quale il silenzio-assenso e di escludere l’applicazione di procedure di approvazione preventiva per modifiche conseguenti a sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari.

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Fonte: Mia Economia del 29 novembre 2005

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