• giovedì , 21 Novembre 2024

Quella lobby della Buba

La Bundesbank ama offrire di sé l’ immagine di una istituzione lontana dalla politica, che traccia la rotta della politica monetaria sulla base di considerazioni che riguardano la struttura dell’ economia e nulla hanno a che fare con le manovre dei politicanti, motivati, come sostiene la Corte Costituzionale di Berlino, dalle necessità di una demagogia indispensabile per farsi eleggere dagli elettori. La Bundesbank è invece un corpo altamente politicizzato, che vive in continua simbiosi con la politica militante, da cui proviene quasi tutto il suo personale superiore. C’ è scarsissima tradizione, in Germania, di promozione ai vertici delle istituzioni che fanno la politica monetaria e bancaria, di persone che hanno iniziato la propria carriera nella banca centrale e percorso tutte le tappe. Eppure, piace alla banca centrale tedesca coltivare presso l’ opinione pubblica la credenza che esista una filosofia della Bundesbank, ispirata alla performance a medio termine dell’ economia e che tale filosofia sia instillata nei suoi dalla stessa banca centrale. Invece, come si è detto, la gran parte di essi proviene dall’ esterno. Dalla politica, dal giornalismo economico, dalla burocrazia federale, parecchi sono stati economisti accademici, qualcuno, di recente, è persino coinvolto nell’ equivalente tedesco delle lobby di modello americano. Pochissimi hanno avuto una esperienza pratica di banca, a livello sia centrale che commerciale. Eppure, è vero che una filosofia della Bundesbank esiste. E’ una versione tedesca del monetarismo, che guarda ai movimenti della massa monetaria come alla variabile più importante che guida le decisioni di politica monetaria. Lo scopo è quello di tenere tale massa sempre adeguata a impedire che il livello dei prezzi dei beni e servizi tedeschi divenga non competitivo sui mercati internazionali e, per ottenere questo risultato, si guarda continuamente all’ andamento di salari e profitti. Al centro dell’ analisi c’ è la consapevolezza che quella tedesca è una economia di esportazione. Il surplus commerciale è quindi strutturale e induce una costante tendenza verso l’ alto del tasso di cambio. Con tale tasso devono essere compatibili i salari e i profitti ed è compito della Buba assicurare tale compatibilità in ciascun momento, molto spesso tramite azioni preventive sui tassi di interesse, ottenute variando la massa monetaria, della quale i depositi bancari sono la parte preponderante. Poiché in Germania i salari sono fissati mediante negoziati centralizzati condotti a scadenze fisse, la Bundesbank inizia a diffondere nella società tedesca, tramite una azione perfezionata in un cinquantennio di pratica, parecchio in anticipo rispetto a tali scadenze, messaggi precisi relativi alle richieste dei sindacati, e a tali messaggi fa seguire pressioni sui datori di lavoro, specialmente agendo sulla disponibilità di credito bancario. Per questa azione è assai utile che i capi della Bundesbank provengano dall’ interno della società tedesca, specie del giornalismo e dei funzionari governativi che sono spesso direttamente espressi dalla classe politica. Il rapporto dialettico tra coloro che applicano la filosofia della Bundesbank e il resto dei protagonisti della società è spesso travagliato, e conduce ad azioni pubbliche di dissenso. Tale fu, ad esempio, l’ episodio delle clamorose dimissioni del governatore Pohl, al tempo della riunificazione tedesca, quando il cancelliere Kohl impose che il cambio del marco orientale fosse elevato al livello di quello occidentale. Calcoli degli economisti governativi del regime comunista avevano accertato che invece il loro marco valeva al massimo il 25% di quello occidentale, ed un livello più elevato avrebbe distrutto la competitività e condotto alla scomparsa dell’ industria dei laender annessi nel 1991. Pohl cercò di far valere queste ragioni, ma il cancelliere fu inflessibile. Voleva con la parificazione del valore dei due marchi mettere potere d’ acquisto nelle mani dei cittadini dei laender orientali, fargli comprare beni di consumo durevole e far proseguire in tal modo il boom dell’ economia. Naturalmente, questo per lui avrebbe voluto dire farsi votare nelle prossime elezioni politiche dai nuovi cittadini e per gli industriali continuare a mietere profitti. La Bundesbank perse la sua battaglia e Pohl si dimise. Dimissioni hanno segnato altre sconfitte della Bundesbank, in relazione alla politica della moneta unica. La Bundesbank l’ euro non lo voleva e cercò di sollevare l’ opinione pubblica contro di esso. Ma l’ euro era il prezzo che i francesi pretesero per avallare la riunificazione, per tenere la Germania attaccata all’ Europa occidentale e impedirle nuove avventure nazionalistiche per riguadagnare un ruolo di grande potenza. La Bundesbank si ritirò allora su una posizione di ripiego, pretendendo che la banca centrale europea fosse fatta a sua immagine, e che il suo statuto addirittura accentuasse alcune caratteristiche monetariste che la Bundesbank era riuscita ad avere solo nella sua prassi, ma mai di diritto. Tale era, ad esempio, l’ obiettivo unico della stabilità monetaria e la esplicitazione del controllo della massa monetaria come strumento fondamentale della politica monetaria. In più, fu rivendicato dalla Germania il ruolo di capo economista all’ interno della struttura della Bce. Il primo a ricoprire tale ruolo fu il professor Issing, che veniva dall’ accademia ma godeva della fiducia della Buba. Egli fu brevemente rimpiazzato, quando dovette andare in pensione, da Lucrezia Reichlin, economista accademica italiana, che fu poi sostituita, quando tornò all’ università, da un economista che veniva dal mondo dell’ alta burocrazia tedesca, Jurgen Stark. Nel frattempo, la Bundesbank viveva il dramma dello scandalo del goverantore Welteke, un politico socialdemocratico che era costretto a dimettersi per aver accettato regali da banchieri privati, e a sostituirlo era nominato un economista accademico di non eccessivo rilievo internazionale, Axel Weber. Due ulteriori dimissioni hanno marcato pubblicamente il dissenso che la Bundesbank si è trovata a vivere nel suo rapporto con la Banca centrale europea. Averla costruita come la Buba, infatti, non è bastato a farla comportare come il suo modello, specie quando si è trattato di far fronte alla gravissima crisi scatenatasi negli Stati Uniti nel 2007 e poi trasmessa all’ Europa specie per il coinvolgimento delle banche tedesche nel mercato dei derivati e dei mutui ipotecari. Coinvolta direttamente o tramite il Bafin, l’ organismo di regolazione bancaria solo formalmente da lei separato ma tutt’ altro che indipendente, la Buba non ha potuto operare da una posizione di forza all’ interno della Bce. I suoi pareri sono stati disattesi nelle azioni che Trichet e i suoi collaboratori hanno deciso di intraprendere per affrontare la crisi. Lo scoppio della crisi del debito sovrano europeo, in tanta parte dovuta alle sconsiderate azioni, omissioni e dichiarazioni della signora Merkel, ha ulteriormente allontanato le opinioni dei rappresentanti tedeschi all’ interno della Bce dalle misure prese dalla stessa Bce, portando alle dimissioni di Jurgen Stark, in coincidenza con la decisione del direttorio Bce di acquistare grandi quantità di titoli di stato della periferia europea sul mercato secondario. Anche Weber, che sapeva che non sarebbe stato scelto a sostituire Trichet, faceva sapere di non essere interessato a farlo e poi si dimetteva anche dal suo posto alla Bundesbank. A sostituire entrambi sono andati altri due tipici prodotti dell’ alto funzionariato politico tedesco, Jens Weidman, alla Buba, uomo di fiducia della Merkel alla Cancelleria, che ha sostituito Weber, e Jorg Asmussen, alla Bce, anche lui di provenienza strettamente politica e di profilo quasi “americano”, con interessi in una società di lobbying e una moglie impiegata anche lei nel settore. Asmussen ha sostituito Stark alla Bce ma dopo poco tempo, non essendo stato nominato capo economista, come era Stark, ha creduto opportuno scrivere una violenta lettera di denuncia di un presunto annacquamento del patto fiscale che dovrebbe essere approvato tra pochi giorni. Da tutto quel che sopra ho narrato, appare chiaro che le autorità monetarie tedesche sono quanto di più politicizzato sia disponibile in Europa attualmente nel settore. Le loro talvolta travagliate vicende indicano come la Buba e il circolo più ampio dei suoi sostenitori sia soggetto a oscillazioni nella capacità che ha di indirizzare la politica economica in Germania e di controllare la Bce. Sono, tali vicende, anche il riflesso delle lotte di potere che si conducono all’ interno della classe dirigente tedesca. Un blocco informale di opinione e di potere che riunisce la gran parte degli economisti accademici tedeschi, la Corte Costituzionale Federale, una parte non trascurabile di grandi importatori tedeschi, specie nel campo dell’ energia, che vorrebbe una politica nazionale verso la Russia e gli altri produttori di petrolio e gas orientali, e i grandi giornali popolari, nazionalisti e conservatori, si muove abbastanza scompostamente ma con decisione per favorire e spesso contrastare le azioni della politica, in particolare per quanto riguarda i problemi dell’ Euro e del debito sovrano europeo. La Buba cerca di influenzare a suo vantaggio le azioni di tale blocco. Forse non sono solo i politici ad agire per massimizzare il proprio potere e assicurarsi la rielezione, come asserisce la Corte Costituzionale nelle sue sentenze.

Fonte: Repubblica del 23 gennaio 2012

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