• venerdì , 22 Novembre 2024

Quel tentativo riformista ostaggio di peones e mercati

I «frondisti» non avevano ancora finito di cantare vittoria per aver costretto Giulio Tremonti a fare marcia indietro sul perfido contributo di solidarietà, che, per un malefico sortilegio era diventato l’esempio del tradimento dei sacri princìpi del berlusconismo della prima ora, come tale rimproverato al Cavaliere dagli esponenti «ante marcia» e dai soci fondatori. Alcuni dei ribelli, i più audaci, lasciavano intendere in dichiarazioni fiume, che, in fondo, erano stati il «missi dominici» del premier.
Giancarlo Mazzuca, alla prima ribellione nella sua vita, scriveva sul QN un articolo in cui rivendicava il merito di aver detto «non possumus».
E alla fine scendeva in campo Silvio Berlusconi, con un sorriso a piena bocca, a manifestare la sua soddisfazione per la tenuta della maggioranza e per avere evitato (in una manovra che per oltre il 60% è composta da entrate), di non aver messo le mani in tasca agli italiani.
Noi tutti – poveri peones accusati di essere una casta e in procinto di sloggiare dai nostri privilegi quando qualche capopopolo deciderà di trasformare l’aula sorda e grigia di Montecitorio in un bivacco per i suoi manipoli – non avevamo ancora concluso le libagioni inneggianti al successo del vertice di sette ore ad Arcore (belli i tempi in cui le Finanziarie si decidevano in soli nove minuti!) quando il mondo ci è crollato di nuovo addosso. La prima tragica notizia del day after è che forse mancano quattro miliardi di copertura.
Ci siamo fatti coraggio ed abbiamo atteso di leggere gli emendamenti convalidati dal «bollino» della Ragioneria. Intanto ci siamo stretti attorno alla principale novità dell’intesa di Arcore: quell’intervento sulle pensioni di anzianità ritenuto precluso dopo i diktat della Lega Nord. Invece – sorpresa! – di pensioni si è tornato a parlare, eccome! Addirittura si è andati all’assalto di uno di quei fortilizi meglio custoditi dell’ideologismo della sinistra, perché se le pensioni di anzianità sono sacre, i trattamenti acquisiti dopo 40 anni di accrediti e di versamenti (a prescindere dall’età anagrafica) sono addirittura un dogma della fede.
Bene. Ci diamo da fare come ci è possibile in difesa della nuova linea di condotta che a noi pare decisamente più riformista.
Premesso che occorrerà valutare con attenzione il testo della norma – diciamo a noi stessi – la misura scaturita dal vertice di Arcore in tema di anzianità è opportuna, utile e predisposta da chi ha individuato uno dei punti più critici dell’attuale sistema pensionistico e cerca di correggerlo in nome dell’equità. Il canale dei 40 anni di anzianità a prescindere dall’età anagrafica (il solo a cui si applica lo scorporo del riscatto della laurea e del servizio militare) era divenuto la via di uscita più rapida dal mercato del lavoro, consentendo l’andata in quiescenza quasi sempre in età inferiore a 60 anni.
Era diventato quindi un modo per eludere l’incremento del requisito anagrafico quale misura coerente con l’allungamento dei trend demografici. Basti pensare che nel 2010 l’età media alla decorrenza delle pensioni di anzianità Inps è stata di poco superiore a 58 anni per i dipendenti e a 59 anni per gli autonomi. E non si venga a dire che si è attuata una discriminazione ai danni degli uomini (che hanno fatto il servizio militare obbligatorio) perché la pensione di anzianità è un «privilegio» maschile, in quanto tende a perpetuare anche, nella quiescenza, la posizione dominante che gli uomini hanno nel mercato del lavoro.
Sempre nel 2010, infatti, nel sistema Inps, ai lavoratori dipendenti sono stati erogati 84mila dei nuovi trattamenti di anzianità (76%) contro i 27 mila alle lavoratrici (24%). Nel lavoro autonomo rispettivamente 51 mila (80%) contro 13mila (20%). In conclusione, è bene ricordare che il riscatto della laurea, il servizio militare continuano a far parte dell’anzianità di servizio, calcolata a tutti gli effetti, nei casi del pensionamento di vecchiaia e del pensionamento di anzianità con le quote e l’età minima, come previsto dal Governo Prodi, nella passata legislatura. E’ bene altresì ricordare che è in vigore la normativa che tutela i lavori usuranti con un anticipo di tre anni dell’età pensionabile. Tutti ragionamenti che non fanno una grinza.
Nella serata di ieri, però, ci giungono notizie che il fronte sta cedendo di fronte alla proteste di tanti che si vedono portare via il babà dopo averlo atteso e nel caso del riscatto di laurea anche pagato profumatamente. In fatto è che, se non si accantona la misura sulle pensioni le coperture divengono ancor più incerte.
L’Europa ci guarda con attenzione e preoccupazione, dopo che la Bce ha investito un miliardo per sostenere i nostri titoli di Stato. A proposito, l’asta del Btp (ad un tasso superiore al 5%) ha realizzato soltanto il parametro di 1,27, il che significa che le domande di acquisto superavano solo del 27% l’offerta (quando di solito è pari ad almeno tre volte).
Lo spread con i Bund è arrivato di nuovo a 300 punti. Speriamo che la situazione si addrizzi, anche se è sempre più fatica capire chi sia il regista di operazioni tanto delicate ed importanti. Ma se anche la supermanovra correttiva dovesse fallire, che cosa succede? Si chiede al presidente della Repubblica di patrocinare un governo tecnico?

Fonte: Sussidiario.net del 31 agosto 2011

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