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Quegli uffici dello Stato che al Nord servirebbero

Avvalendosi del regolamento della Camera, la maggioranza è riuscita ad evitare la trappola delle opposizioni a proposito del trasferimento di alcuni dicasteri al Nord come promesso dal Senatur ai militanti sul pratone’ di Pontida. Tutti i gruppi di centro sinistra avevano presentato — in coda al voto di fiducia sul decreto sviluppo — ordini del giorno contrari a trasferire, nei secoli a venire, anche un solo usciere nelle contrade della Padana. Ciò nella speranza che, almeno all’interno del Popolo delle libertà, qualche deputato fosse pronto a raccogliere, in ostilità alla Lega, il grido di dolore di Gianni Alemanno e Renata Polverini, preoccupati del possibile esodo di qualche migliaio di stipendi sicuri dalla Capitale verso Monza e dintorni.Per la sinistra, poi, i sacri principi di un patriottismo di recente acquisizione si esauriscono nel reggere il sacco ai sindacati e ai lavoratori non propensi a spostarsi in un’altra città. Così, due tatticismi strumentali hanno finito per elidersi. Ma questione non è del tutto infondata Anzi, come ha ricordato il collega Manlio Contento in Aula, già nel 1996 il premier Romano Prodi dichiarò che l’avvio del federalismo avrebbe comportato necessariamente la distribuzione nel territorio di centri decisionali. E’il peso del Nord nell’economia del Paese a rendere evidente che la presenza di strutture amministrative specifiche costituirebbe oggettivamente un vantaggio. Prendiamo, per esempio, il caso di cui si parla: il trasferimento a Milano dell’Ice. Sarebbe una misura assolutamente coerente con la situazione di fatto. La Lombardia esporta come tutta l’Irlanda, il Veneto come Israele, l’Emilia Romagna come l’intera economia algerina e il doppio dell’Egitto, il Piemonte e la Toscana ambedue più della Nuova Zelanda. La provincia di Milano esporta come tutta la Libia e poco meno del Portogallo. Torino e provincia più della Grecia. I dodici distretti industriali lombardi creano occupazione come Fiat e Finmeccanica insieme; i ventidue distretti del Veneto danno lavoro a 646mi1a addetti che equivalgono agli occupati delle tre maggiori aziende produttrici d’auto europee (Peugeot, Bmw e Volkswagen). I sette distretti del Piemonte creano occupazione al pari di Enel, Pirelli, Finmeccanica e Benetton. I sei dell’Emilia Romagna (con più di 50mila addetti) come Barilla e Pirelli insieme.Ma alla fine sarebbe credibile il federalismo se le funzioni di governo e gli apparati amministrativi si rinchiudessero a Roma ? Negli anni ’70 l’istituzione delle Regioni determinò il decentramento di uffici e personale dai ministeri romani.

Fonte: Il Giorno del 29 giugno 2011

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